Un test vero per l'interesse nazionale
Il caso Mts è una prova concreta per difendere gli “asset strategici”
Sui titoli di coda della scalata di Vivendi a Mediaset – vicenda che vede impegnati governo, procura di Milano, autorità di Borsa, oltre (ovvio) le imprese interessate – il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, parlando a un convegno del Foglio venerdì, ha detto che il governo inserirà nella legge sulla Concorrenza una misura “anti scalate” mutuata da Francia, Stati Uniti e Germania. Quando una società compra almeno il 5 per cento (e a salire) di una quotata deve comunicarne i motivi entro sei mesi. Una regola di buon senso che comunque non impedisce di per sé scalate ostili, acquisizioni o operazioni controvoglia. Non è ancora chiaro quali siano le reali intenzioni del governo sullo “shopping” straniero in Italia. Altre ipotesi chiamano in causa la “golden power”, cioè la disciplina che regola il vaglio preventivo e l’eventuale veto governativo su operazioni che interessano asset strategici, che, inoltre, si estenderebbe anche agli asset finanziari finora non considerati strategici. Il destino ha dato un appuntamento birichino al governo Gentiloni. Mentre si discute di difesa strategica della finanza nazionale la Commissione europea vincolava il via libera alla fusione tra la Borsa londinese (Lse) e Deutsche Börse alla vendita della Società per il Mercato dei Titoli di Stato (Mts).
Ieri Lse ha risposto picche e la fusione traballa. Mts è la piattaforma per la trattazione di titoli obbligazionari europei a reddito fisso, titoli di stato italiani e non solo. La società che gestisce la Borsa inglese – e che controlla quella italiana dal 2007 – per ora si dice pronta a rinunciare alla maxi-fusione coi tedeschi pur di non mettere in vendita Mts. Perché? Lse s’oppone a vendere un’importante piattaforma di scambio titoli, nata in Italia, perché la ritiene “strategica” visto che lì gli investitori istituzionali contrattano anche il terzo debito mondiale, il nostro. Sulla compravendita di Mts da Roma nulla si ode, sono i proprietari inglesi a difendere la posizione. E insomma non vogliono fare quello che gli italiani fecero anni fa cedendo il controllo di Mts a Londra senza preoccupazioni “strategiche”. L’Italia vuole tracciare delle “linee rosse” in quel che rimane del suo patrimonio industriale come pure, pare, di quello finanziario. Bene: il caso di MTS è un banco di prova importante per misurare la capacità di difendere asset strategici, come lo è l’infrastruttura dove gira il nostro debito pubblico.