Luigi Di Maio (foto LaPresse)

The Donald Di Maio

Redazione

Il leaderino M5s straparla di Marchionne e offre fake news su Pomigliano

Non ha resistito a lungo Luigi Di Maio, il capo del partito del commediante Beppe Grillo, prima di “censurare” con solenne post sull’agorà virtuale di Facebook le strategie di crescita della Fiat Chrysler Automobiles guidata da Sergio Marchionne. D’altronde non poteva fare altrimenti, Di Maio, il riflesso pavloviano anti Marchionne in Italia oramai è così radicato da spingere chiunque, su Facebook o al bar, a superare l’evidenza pur di incalzare il manager che salvò la Fiat con la certezza di ricevere applausi o un “like”.

 

In mattinata Marchionne dal Salone dell’auto di Ginevra – oltre ad avere annunciato il lancio di una nuova Ferrari 812 Superfast, notizia che ha interessato i grandi media – ha detto che nello stabilimento di Pomigliano d’Arco (Napoli) non verranno più prodotte le Panda, che invece torneranno a Tychy in Polonia, ovvero da dove erano venute per volere proprio di Marchionne per dare uno scopo produttivo al sito campano. Di Maio, from Avellino, non poteva però tacere, indugiando nella sua infinita incompetenza, sulla “delocalizzazione” delle fabbriche “sulla pelle dei lavoratori italiani” – cambiate Pomigliano con Detroit e Polonia con Messico e noterete quanto sia facile confondersi tra Donald Di Maio e “Luigino” Trump, populisti diversi.

 

Nel contesto di un mercato automobilistico mondiale in consolidamento – è fresca la fusione Psa-Opel frutto del disimpegno dall’Europa di General Motors –, un trend che Marchionne aveva previsto anni fa, la decisione di Fca è quella di rimpiazzare la produzione di Panda, un’utilitaria, con quella di auto di alta gamma, Maserati o Alfa Romeo. Nulla di orrendo, anzi perfettamente razionale. Nella strategia di Fca infatti l’Italia dovrà presidiare il segmento d’alta gamma e dunque è una buona decisione rimandare la Panda da dove è venuta (in Polonia) e quindi concentrare qui tutte quelle vetture che hanno nel marchio in sé una forte componente di qualità riconosciuta come made in Italy.

 

La scelta di Marchionne è poi coerente con la struttura di Fca nel paese (a Cassino c’è Alfa, a Melfi la Jeep Renegade) e si dimostrerà lungimirante, come d’altronde altre azioni di Marchionne osteggiate in patria da Cgil & Co. Se c’è una lezione utile da trarre sul caso Pomigliano è che la produttività paga. Ma per un movimento che voltiva l’ozio dei popoli via reddito di cittadinanza meglio straparlare e buttarla in caciara sperando che qualcuno ci caschi.

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