Alitalia trascina nel baratro Etihad
La ritrosia di soci e banche a fornire nuove risorse può essere fatale
Tre anni fa Alitalia è stata salvata da Etihad e ora è di nuovo sull’orlo del precipizio. La compagnia italiana è stata data per moribonda molte volte in passato ma questa volta potrebbe essere davvero l’ultima perché i soci non sono riusciti a mettersi d’accordo sulla ricapitalizzazione necessaria da 1,4 miliardi di euro complessivi, secondo il Sole 24 Ore, durante il cda di mercoledì scorso durato oltre sei ore. Le banche azioniste Intesa Sanpaolo e Unicredit, i maggiori istituti di credito italiani, si sono impegnati spesso in affari di sistema investendo risorse che più o meno si equivalgono ma in Alitalia sono strette in un abbraccio molto scomodo. Da quando Etihad ha comprato il 49 per cento delle azioni della nuova Alitalia nel 2014, dopo le curatele fallimentari della cordata italiana dei cosiddetti “capitani coraggiosi”, i vertici di Intesa già si dimostravano recalcitranti a mettere capitali freschi per seguire i desiderata dei compagni di avventura degli Emirati Arabi Uniti. Il nuovo amministratore delegato di Unicredit, Jean Pierre Mustier, mostra un’attenzione alla redditualità molto spiccata e Alitalia che non ha né una strategia per operare sul medio-lungo raggio né per diventare low cost non dà garanzie in questo senso. La situazione è insomma critica e anche se non è la prima volta presenta elementi (preoccupanti) di novità. Etihad infatti è la più giovane e di dimensioni relativamente ridotte tra le compagnie mediorientali, ha puntato sull’acquisizione di società periclitanti in Europa per estendere il suo network globale, Alitalia è stata l’operazione più impegnativa. Etihad non può andare oltre il 49 per cento perché non è concesso a un vettore extraeuropeo di controllarne uno continentale – non può mettere capitale in autonomia e dipende essenzialmente dalla disponibilità dei soci italiani a fare altrettanto per compiere la sua strategia di sviluppo. Alitalia trascina con sé Etihad.