Lo stato di Cdp
Oltre alle svalutazioni c’è un giudizio da dare sul fondo Altante. Un’idea
Fabio Gallia, ad della Cassa depositi e prestiti, ieri ha annunciato che Cdp ha svalutato in modo prudenziale la quota in Atlante, senza comunicare le cifre esatte della svalutazione – cifre comunicate dagli altri privati che hanno partecipato al fondo di salvataggio bancario: dal 33,1 di Intesa all’80 di Unicredit, passando per il 52 di Generali. E questo o poco più dovrebbe essere il livello scelto da Cdp, 270 milioni su 500, rintracciabili alla voce “perdite delle partecipazioni”.
A questo punto una svalutazione era inevitabile ma forse i critici di Cdp sbagliano a dire che la non comunicazione della cifra sia legata al fatto che la Cassa depositi e prestiti a differenza di altri investitori privati non ha l’obbligo di comunicazione alla Consob e al mercato. Probabilmente non si è voluto spargere allarmismo sul fondo di salvataggio, con il Tesoro (azionista all’ottanta per cento di Cdp) impegnato in queste ore a minimizzare l’intervento statale nelle popolari venete, e la cifra verrà resa nota nelle prossime settimane, per l’approvazione del bilancio. Il tema del ruolo ibrido di Cdp è centrale nel sistema economico (e l’idea di privatizzare una quota di Cdp è buona) ma più che concentrarsi sui numeri vale la pena dare un bilancio di Atlante.
Ci sono state molte contraddizioni e l’operazione è stata dispendiosa ma nel momento in cui è nata aveva senso e ha aiutato il sistema bancario a mettere una pezza importante e a provare a ripartire. Oggi, a bocce ferme, una garanzia statale sarebbe preferibile, ma in quel momento Atlante era l’unica soluzione possibile e per questo le svalutazioni di oggi vanno studiate seguendo anche questo schema.