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Orfini chiede di riaprire la discussione sul ddl Concorrenza e cancellare la liberalizzazione nel settore energia del regime a maggior tutela. Ma questa è la morte del Pd riformista
Dopo l’approvazione della “manovrina” e di un Def alla camomilla, che rimandano lo scioglimento dei nodi cruciali di finanza pubblica alla legge di Stabilità, emergono dissidi politici nella maggioranza. Ne è prova, tra le altre cose, l’intervista alla Stampa del presidente e reggente del Pd Matteo Orfini che chiede al ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda di “riaprire” e “correggere” il testo della legge sulla Concorrenza. Orfini vuole cancellare la liberalizzazione nel settore energia del regime a maggior tutela, perché danneggerebbe i consumatori. Si tratta di un provvedimento che non solo non porterà ai risultati paventati da Orfini, ma la cui introduzione è già stata posticipata al luglio 2019, tra oltre due anni. L’obiezione sollevata sembra quindi un pretesto, da ricondurre alle tensioni tra Pd ed esponenti del governo. Questo modo di procedere però rischia di trasformare il ddl Concorrenza in una tela di Penelope, peraltro già rattoppata da interventi che ne hanno ridotto la portata liberalizzatrice. Il testo iniziale già non toccava i taxi, per le farmacie è stata sottratta la liberalizzazione della vendita dei farmaci di fascia C, poi gli avvocati hanno spuntato la limitazione all’ingresso delle società di capitali, i notai hanno praticamente vinto su tutta la linea. Dopo oltre due anni si chiede di discutere ancora, aprendo le porte a chissà quante mutilazioni di quel po’ che rimane del testo originale. Così si ferma l’unica riforma che ancora si muove in questa fine legislatura. Invece di trascinarlo nella palude, un partito riformista polemizzerebbe con il governo per l’immobilismo.