Il suicidio di Alitalia è un fatto privato
Un governo serio, se ha soldi, taglia le tasse e li investe nella qualità delle scuole. Con buona pace della ex compagnia di bandiera
Siamo quasi tutti affezionati al marchio Alitalia, e sulla nostalgia fanno leva le immagini in bianco e nero di Sophia Loren che sbarca dai suoi vecchi quadrimotori. Ma su ben altro effetto – che guarda ai grillini, allo statalismo sinistra-destra, al mantra politico-sindacale del No a tutto – si basa il calcolo spericolato dei dipendenti Alitalia: cioè il ricatto della statalizzazione, in base intanto alla balla “che le altre compagnie aeree sono pubbliche”. Ma solo in Air France, quella messa peggio, lo stato è rimasto al 18 per cento mentre Lufthansa, British, Iberia, Aer Lingus e Scandinavian sono tutte privatizzate. Il cda di Alitalia ha avviato la procedura di commissariamento e il governo giura che non metterà altri soldi se non quelli strettamente necessari a questo passaggio, che si spera rientrino al più presto dalla vendita degli asset e del brand. Susanna Camusso, dismessi i panni della responsabilità, chiede il salvataggio del Tesoro attraverso la Cassa depositi e prestiti. Il sindacato di base agita i 20 miliardi per le banche, che sono sistemiche mentre si vola anche senza Alitalia. Tutti si fanno scudo dell’indotto di Fiumicino, ignorando che Malpensa vive un boom con le compagnie straniere e che i problemi di Roma non dipendono certo da Alitalia. La realtà è che c’è un popolo dei contribuenti fisiologicamente contro i populisti della statalizzazione, a 5 stelle o meno: quelli che volevano la nazionalizzazione della Fiat e ora la vorrebbero della Banca d’Italia. Un governo serio, se ha soldi, taglia le tasse e li investe nella qualità delle scuole. Con buona pace della ex compagnia di bandiera.