Giù le mani dal bail-in
E’ puerile la critica delle autorità italiane alle “regole” sui salvataggi bancari
Molti esponenti della politica e dell’economia, e anche della magistratura, criticano il cosiddetto bail-in fin dalla sua entrata in vigore all’inizio del 2016, dopo l’approvazione del Parlamento l’anno precedente. Il meccanismo di risoluzione delle crisi bancarie infligge perdite ad azionisti, ai creditori e (in ultima istanza) ai detentori di grandi depositi: è il metodo migliore per gestire una banca in sofferenza a eccezione di tutti gli altri che in fin dei conti corrispondono all’uso di denaro pubblico. Si sono uniti alle critiche ex post Banca d’Italia, economisti, il capo procuratore di Milano, Francesco Greco, e da ultimo il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, da sette anni al vertice dell’Autorità che vigila sulla Borsa. “Il bilancio non può dirsi positivo”, ha detto Vegas suggerendo di rivedere il coinvolgimento degli obbligazionisti, magari introducendo una soglia di salvaguardia a 100.000 euro.
Perché non lo si è fatto prima? Le obbligazioni bancarie distribuite presso il pubblico retail sono un’esclusiva italiana. Era ovvio dunque che a difendere gli interessi dei risparmiatori dovessero essere i negoziatori italiani. Il bail-in è poi tema di discussione nei circoli privati e pubblici europei dal 2010. Il legislatore italiano ha dato il suo via libera nel novembre 2015, meno di due mesi prima dell’entrata in vigore. Nessuno, in sede politica o regolatoria, ebbe all’epoca nulla da eccepire sull’assenza di un periodo transitorio o sull’applicazione retroattiva della norma che tanti risparmiatori ignari hanno sperimentato. Silenzio anche negli undici mesi intercorsi tra l’approvazione in sede europea e nazionale. Per non parlare della scarsa informazione al pubblico – la stampa ha le sue colpe. Invocare ora un cambiamento in corsa non giova alla diplomazia italiana. Le critiche tedesche sono condivisibili: paventano che lo scostamento dell’Italia da un approccio condiviso tra gli stati membri possa minare la credibilità delle regole stesse. Il bail-in finora ha prodotto danni solo in Italia mentre nel resto d’Europa, grazie anche ad alcune acrobazie (vedi la Germania), il provvedimento è finora rimasto solo sulla carta. In Portogallo invece è stato utilizzato, pur con forzature della Banca centrale, nella procedura di risoluzione del Banco Espírito Santo dalla quale è nato il Novo Banco che è stato acquisito a fine marzo dal fondo americano Lone Star. Quando le cose vanno male è puerile e controproducente prendersela con le “regole”, soprattutto se non s’è vigilato sulla loro formazione.