Haruhiko Kuroda (foto LaPresse)

Il risveglio del gigante giapponese

Redazione

Il filo comune tra Draghi e Kuroda, le differenze tra Tokyo e Roma

A ricevere Donald Trump oggi a Riad ci sarà, alle spalle del principe saudita Mohammed bin Salman, l’uomo d’affari più dinamico del Sol levante, così diverso dall’immagine tradizionale del Giappone: Masayoshi Son. Azionista di controllo di Softbank e promotore di un gigantesco fondo dedicato agli investimenti in tecnologia: Vision, progetto da 100 miliardi di dollari, finanziato per metà dai sauditi (a caccia di alternative al petrolio) e rivolto in parte a far shopping in Usa. Masayoshi è una figura emblematica del risveglio del Giappone dopo il lungo letargo. Giovedì, come non capitava dal 2006, il pil di Tokyo ha registrato il quinto aumento trimestrale consecutivo con un balzo del 2,2 per cento, mezzo punto in più delle previsioni. L’occupazione registra un massimo storico (la disoccupazione è solo al 2,6 per cento). Ancor più importante, crescono gli acquisti delle utilitarie e le cene delle famiglie al ristorante, segno che dopo tanti anni di depressione fa di nuovo capolino la fiducia. Merce rara in un paese afflitto, come l’Italia, da una doppia debolezza: una popolazione che invecchia (già oggi un abitante su cinque ha più di 65 anni) e un debito pubblico che sale (anche se è quasi tutto domestico). Problemi comuni ma affrontati in maniera diversa.

 

Per fronteggiare il calo demografico, il Giappone sta facendo ricorso al suo straordinario apparato tecnologico: alla Mitsubishi di Sagamihara i robot hanno in pratica cancellato le tute blu (sopravvivono tre operai) in attesa di innovazioni che consentano di alleggerire i carichi e far lavorare la gente oltre i settant’anni e più. Anche così, secondo le Nazioni Unite, il Giappone avrebbe bisogno di 650.000 immigrati all’anno per non rischiare l’asfissia economica. Ma Shinzo Abe frena, consapevole dell’ostilità di una buona fetta del Giappone più identitario. Insomma, Roma e Tokyo sono lontane. Ma non troppo: c’è un filo comune tra Mario Draghi, che ha appena annunciato che “la crisi è superata”, e i successi del suo collega nipponico Kuroda. Entrambi hanno adottato una linea monetaria espansiva. Peccato che, pur tra non poche resistenze, il banchiere di Tokyo abbia potuto contare sul pieno sostegno della politica. Mister Euro, invece, deve difendere i suoi risultati dall’assalto tedesco e dalla debolezza dell’Italia: Masayoshi Son non abita dalle nostre parti.