Il "libro bianco" della concorrenza
Perché la rivalità editoriale con Milano ha fatto bene a Torino, e a tutti
C’è qualcosa che il “sistema Italia” può imparare dalla lunga e a tratti surreale “guerra dei due Saloni”, intesi Tempo di Libri a Milano e il Salone del Libro di Torino (in rigoroso ordine di date)? Chiuse entrambe le manifestazioni editoriali, tutti hanno potuto con equità registrare che l’appuntamento torinese che festeggiava i trent’anni – quello “scippato” dalla presunta bulimia mercatista degli editori big (in realtà la faccenda è sempre stata più complessa: in primis, al Lingotto e attorno alla Fondazione torinese s’era addensata un’aria che suggeriva all’Associazione italiana editori di cambiare aria) – è andato molto bene. S’è preso la sua rivincita. Anche senza big. I visitatori sono stati 165.746, di cui 140.746 al Lingotto. A Rho-Pero le presenze erano state 60.796, e solo 12 mila quelle nelle serate “fuori salone”. A Torino le vendite sono cresciute del 20 per cento e gli alberghi hanno fatto il tutto esaurito. Tra gli stand si percepiva un soddisfatto orgoglio. Milano ha sbagliato molte cose, a partire dalla data al programma (era un “numero zero” però, dicono). Ma, evidenti malumori a parte – di cui ha fatto le spese il presidente dell’Aie, il milanese Federico Motta, su cui adesso si sono scaricate le responsabilità e che verrà sostituito da Ricardo Franco Levi, un non editore che dovrà “ricucire”, parola d’ordine più sentita sull’asse Mi-To – alcune idee per il futuro già ci sono.
L’aspetto di sistema più interessante è però un altro. Ed è che la concorrenza ha fatto bene, soprattutto all’istituzione più vecchia. Ha reagito, si è svecchiata, ha fatto un’oculata spending review, ha lucidato il suo brand. Come ha commentato Stefano Mauri, presidente e ad di Gems, il secondo gruppo editoriale italiano: “Un dato certo è che questa azione dell’Aie ha stimolato Torino. Come era ipotizzabile non c’è stata nessuna cannibalizzazione tra Tempo di Libri che ha attratto alcuni dei 5 milioni di lettori lombardi e l’evento torinese che ha attratto alcuni dei 2 milioni di lettori piemontesi. In tutto il 4 per cento. Quindi c’è un potenziale. Come esistono il Festival di Mantova e Pordenonelegge e nessuno si strappa i capelli, così ci sono un Salone di Torino e una fiera di Milano”. In un paese eternamente bloccato dalle rendite di posizione, lo scontro tra iniziative editoriali ha scritto un utile “libro bianco della concorrenza”.