In Europa si cresce, fuori meno
Londra mostra sintomi di rallentamento da Brexit. L’Eurozona corre
Meno di due anni fa l’economia britannica aveva molto di cui vantarsi nel mondo. Il miglior tasso di crescita tra tutti i paesi industrializzati, un dinamismo invidiabile e prospettive rosee. Oggi molte di queste prospettive sono sfumate, e più di un segnale indica che Londra sta rallentando la sua corsa.
Secondo un nuovo report dell’Investors Service di Moody’s, il Regno Unito è l’unico paese del G7 la cui economia subirà un rallentamento sia quest’anno sia il prossimo. In direzione opposta a Londra in termini di tasso di crescita va perfino l’Italia, i cui dati del pil, appena usciti, hanno (seppur senza trionfi) superato le attese. Altri indicatori, segnalati dal Financial Times, fanno presagire un rallentamento dell’economia britannica. Secondo dati della Commissione europea, l’indice di fiducia degli imprenditori britannici nell’economia è calato a maggio al 108,2 dal 110,5 di aprile. Contestualmente, il tasso di fiducia dei consumatori è crollato ai minimi da novembre 2016. Lloyds inoltre ha pubblicato questa settimana un report secondo il quale il numero degli imprenditori britannici che vede il suo business migliorare corrisponde al 26 per cento del totale, contro il 60 per cento di un mese fa.
E’ facile attribuire questi dati negativi (cui bisogna anche aggiungere una crescita del pil inferiore alle attese: 0,2 nel primo trimestre dell’anno contro lo 0,6 dell’ultimo trimestre 2016) alla Brexit e all’instabilità politica che ha fatto seguito al referendum dell’anno scorso. L’economia britannica, finora, ha mostrato una resilienza insperata davanti alle profezie di sventura pronunciate da molti economisti, ma questi potrebbero essere i primi segnali di cedimento. Sono un monito anche per chi, nel resto dell’Europa, invoca come panacea dei mali economici una soluzione britannica. Nell’Unione europea e nell’Eurozona si cresce, il nemico più temibile è proprio l’instabilità.