L'Ilva supera i barricaderos
Il passaggio ad ArcelorMittal segna la fine della tentazione Iri
Il governo ha accolto per l’Ilva di Taranto l’offerta di Am Investco, del colosso mondiale ArcelorMittal (nato nel 2006 dalla fusione sotto l’egida del magnate indiano Lakshmi Mittal degli europei Usinor, Aceralia e Erbed) e dell’italiana Marcegaglia, con advisor banca Intesa Sanpaolo. Il ministero dello Sviluppo economico e i commissari dello stabilimento da anni al centro di una crisi giudiziaria, produttiva e ambientale hanno così respinto il pressing in extremis di AcciaItalia dell’altro big indiano Jindal con Delfin di Leonardo Del Vecchio, dalla quale si sono sfilati Cassa depositi e prestiti e Arvedi. Il patron Sajjan Jindal aveva ammiccato alle forze populiste, al governatore pugliese Michele Emiliano, dicendosi “incuriosito dai Cinque stelle” e “aperto agli ambientalisti”. In realtà di mera concorrenza si tratta e Jindal vuol ricorrere all’Antitrust europeo. Entrambi i piani prevedono tagli di personale: 4.800 ArcelorMittal, 6.400 Jindal (peraltro 4 mila sono già in cassa integrazione) e certo i sindacati sono preoccupati. Ma Cisl e Uil mostrano un atteggiamento pragmatico condividendo l’invito del ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda a lavorare per ottimizzare la produzione, e quindi l’indotto, senza alimentare conflitti tra lavoro e salute. Chi dovrebbe fare autocritica è, tanto per cambiare, la Fiom-Cgil. Fin dall’inizio ha tenuto i piedi nelle due staffe, giudiziaria e protestataria, mentre alcuni giornali paragonavano lo stabilimento a una pistola carica e la Gip Patrizia Todisco sequestrava l’area a caldo, considerata “fonte di malattia e morte” dall’opinione pubblica. E con la curia che, dichiarandosi ispirata da Papa Bergoglio, si scagliava contro “l’ossessione industriale” e le trivellazioni marine. Il tandem Landini-Camusso puntò sulle barricate giudiziarie e mediatiche (esattamente come contro Sergio Marchionne a Pomigliano e Melfi) badando a concordare le parole d’ordine con il procuratore Franco Sebastio il quale, vedi la novità, è oggi candidato sindaco gauchista a Taranto. L’Ilva dovrà ristrutturarsi come l’intero settore siderurgico europeo, Germania in testa. Ma può farcela, altrimenti i big non se la contenderebbero, anche con l’apporto di un sindacato che sa prendersi la propria responsabilità nel processo industriale. Per la Cgil che aveva puntato su un’impossibile formula Iri è invece la sintesi di una stagione di sconfitte.