Crescere in Europa
L’Eurozona è l’area più solida del mondo, l’Italia deve decidere se e come starci
La Banca centrale europea completerà gli acquisti di bond per 60 miliardi al mese (Quantitative easing) fino a dicembre “e anche oltre”; l’inflazione dell’Eurozona, depurata dell’effetto energia, resta infatti sotto l’obiettivo del 2 per cento con previsioni riviste al ribasso, all’1,5 quest’anno, 1,3 nel 2018, 1,6 nel 2019. Questo nonostante stime sulla crescita del pil migliori in tutto il triennio: più 1,9 per cento nel 2017, più 1,8 nel 2018, più 1,7 nel 2019. Dunque “no news, good news” nelle parole di ieri di Mario Draghi? Non proprio. Intanto il presidente della Bce le ha accompagnate all’annuncio che non ci sarà, dopo il Qe, alcun “tapering”, rialzo dei tassi. E soprattutto le ha corroborate con l’analisi di un’Eurozona che si è lasciata sì la crisi alle spalle ma nella quale la dinamica di consumi, occupazione e stipendi – elementi collegati – non è ancora ottimale. Draghi non sale in cattedra né usa slogan (l’eccezione fu il “whatever it takes” del luglio 2012, e fu il salvataggio dell’euro), eppure la sua leadership è oggi indiscussa, benché tutti scrutino la scadenza del mandato tra due anni.
Si è arrivati ad analizzare gli avverbi; il che significa che in questi sei anni la linea Draghi ha centrato l’obiettivo. Era scontato nel 2011, quando la dissoluzione dell’unione monetaria sembrava solo una questione di tempo? Oggi l’Eurozona appare l’area economica più stabile, omogenea e affidabile del mondo, checché ne dicano i suoi detrattori. Più degli Stati Uniti a trazione Trump, del Giappone, di Cina e India; né la Brexit sembra indebolirla, anzi. Daniel Gros, economista tedesco direttore del Centro europeo di studi politici, scrive sul Sole 24 Ore: “Ultimamente l’Europa è diventata la beniamina dei mercati finanziari, e per una buona ragione: era da tempo che si cercava la sua forza latente. La crescita pro capite supera ora quella degli Stati Uniti. Le accese discussioni sull’austerità appaiono malriposte dal momento che sia i critici che i fautori hanno sovrastimato la quantità di austerità davvero applicata.
Ovviamente restano ampie differenze tra i singoli stati, ma è ciò che ci si aspetta in un’unione monetaria così diversa. Perfino la Francia, un performer debole, registra livelli di deficit e debito comparabili agli Stati Uniti”. Gros, come Draghi, ricorda i 5 milioni di posti di lavoro creati dal 2012, per metà di nuovi lavoratori. “Nel lungo periodo siamo tutti morti” ricorda keynesianamente Gros, “ma tutto suggerisce che la soft austerity sia stata la scelta giusta”. L’Italia, in vista delle elezioni, può seguire i populismi altrui. Oppure può crescere dentro l’Europa. La scelta è sua.