Bella, ciao!
La Cisl lascia la “trimurti” sindacale per eccesso di populismo camussiano
Domani la Cisl apre il suo 18° Congresso su una linea che potremmo definire rivoluzionaria, in senso riformista. In 39 cartelle di tesi, e nella discussione che le accompagnerà, si dirà infatti un sonoro no al reddito di cittadinanza grillino e al “populismo sindacale”, mentre verrà un sì a leggi per regolare il diritto di sciopero e misurare la rappresentanza sindacale. Non solo. La battaglia sui voucher della Cgil, diventata la bandiera della gauche antigovernativa, viene definita per quello che è: “Una materia che riguarda solo lo 0,1 per cento della forza lavoro italiana trasformata in oggetto di scontro politico con il rischio di interrompere la legislatura in un momento contrario agli interessi del paese”. È una totale presa di distanza dal massimalismo di Susanna Camusso, che tra l’altro ha consegnato la materia sindacale al potere giudiziario, dai tribunali ordinari alla Corte costituzionale. Le tesi parlano di modello contrattuale da decentrare per consentire la flessibilità aziendale, guardando al sistema tedesco, che prevede rappresentatività e compartecipazione in cambio della presenza nella gestione, compresa la condivisione del rischio azionario d’impresa. “Siamo pronti a mettere in gioco i nostri fondi previdenziali” anticipano alla Cisl, qualcosa di simile a quanto fatto dal sindacato americano per salvare l’industria automobilistica. Guadagnandoci, alla fine. Il contrario esatto del catenaccio politico e mediatico attuato in Italia dalla Fiom contro Sergio Marchionne. La Cisl parlerà di difesa della produttività e della competitività come interesse (più che “bene”) comune. Parole che non sentiamo da un pezzo nelle manifestazioni al ritmo di “Bella ciao”.