Il nemico immaginario "digitale"
La reazione mediatica al rapporto Agcom rivela un atteggiamento retrò
Alla ottima (per analisi) e abbondante (per dati) relazione alla Camera dell’Agcom, l’autorità per le comunicazioni, i grandi giornali hanno reagito al solito: “Serve una legge per combattere i colossi del web”, mentre l’avanzata del digitale viene vista come minaccia, anziché opportunità; o meglio l’ultima spiaggia per l’industria italiana della comunicazione. Che è sì cresciuta nel 2016 dell’1,5 per cento, più del pil; ma al suo interno i media, pure in crescita (3,9), presentano profonde differenze: la carta stampata scende del 6 per cento, tv e radio salgono del 6,5, internet del 14,8. Per la prima volta il fatturato del web (1,9 miliardi) supera i quotidiani. Il tutto escluso l’e-commerce. Del resto in otto anni l’editoria tradizionale ha perso metà delle copie e il 40 per cento del fatturato. Tutta colpa di internet? Si può fare come il bambino Hans che salvò il proprio villaggio olandese infilando un dito nel buco della diga: però è una leggenda. O si può cercare di sfruttare il digitale e la globalizzazione come altri settori di Industria 4.0, e come raccomanda anche l’ultimo G20 di Amburgo. Il Foglio ha raccontato molti esempi: da Axel Springer, primo editore d’Europa, che ha tratto dall’e-commerce le risorse per la carta stampata, all’accordo per la piattaforma pubblicitaria digitale comune tra Le Figaro e Le Monde. In Italia ci prova la Mondadori mentre Rai e Mediaset dopo tante guerre generaliste si orientano sullo streaming “customizzato”, in grado di fornire contenuti a misura dei singoli clienti. Anche se il dominus resta Sky-Fox. Gruppo che controlla il Dow Jones, proprietario del Wall Street Journal: che intende vendere fuori dagli Stati Uniti solo copie digitali. Appunto.