La nuova pagina possibile per la finanza
Le banche italiane non minacciano più l’Europa, ma manca ancora qualcosa
C’è una sensazione di scampato pericolo dopo che i focolai di crisi nell’industria bancaria sono stati domati in questi mesi – da Mps alle due banche venete assorbite da Intesa Sanpaolo – grazie a un uso di capitali pubblici molto inferiore alla media europea nell’èra pre bail-in. All’assemblea annuale dell’Associazione bancaria italiana il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha detto che “il peggio è alle spalle”. Ha ragione, se ciò significa che il nostro sistema bancario non è più una minaccia per la stabilità europea. Nella stessa sede il governatore di Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha poi precisato che è passato l’allarme ma la ristrutturazione è incompleta: la redditività è “zero” e “ulteriori, decisi progressi nella riduzione dei costi, nell’adozione di forme efficaci di governo societario, nelle operazioni di aggregazione” sono necessari. In altri termini sono decine di migliaia gli esuberi attesi, mentre il settore sta sperimentando tecnologie capaci di sostituire l’uomo. C’è altro sale sulla coda della crisi. La metà delle aziende produttive non è né in salute né moribonda, ha però bisogno di finanza per avanzare: lì bisogna incidere. Recuperare il rispetto da parte dei clienti è un’altra sfida. Il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, si sente vittima di una “caccia alle streghe”, ed è vero. Ma la demagogia spinta dai media è incubatrice di sfiducia e figlia dell’ignoranza: deriva dall’analfabetismo finanziario, che può far comodo a banche e politica. Prova ne sia il can can parlamentare contro il decreto che sistema le banche venete, comunque approvato dalla Camera. Il governo può dare un segnale varando il comitato sull’educazione finanziaria che dovrà stabilire una strategia per colmare il gap a partire dalle nuove generazioni coinvolgendo il sistema scolastico.