Terapia Radicale per l'Atac
Ecco alcune ottime ragioni per partecipare a quella che è una battaglia di civiltà con un valore non solo per Roma: il referendum per liberalizzare il trasporto pubblico
Se il macchinista della metropolitana di Roma non si è accorto di una donna incastrata nelle porte trascinandola per decine di metri sui binari, la colpa non è sua perché guidava mangiando. “Ha rispettato il protocollo” dice la Cgil, capofila dei sindacati veri padroni dei servizi pubblici romani, proprietari a loro volta della politica capitolina con cittadini e contribuenti a fare da sudditi. Il divieto di mangiare alla guida, parlare e navigare al cellulare – centinaia di episodi documentati da foto e video – non è previsto dal codice di disciplina dell’Atac, risalente al 1931, che però contempla il “vilipendio al re”. Mentre i 1.500 accertamenti disposti dall’azienda per aver strisciato il badge fuori orario o abusato della legge 104 – assenza per assistere parenti disabili – hanno prodotto in tutto quattro licenziamenti. Oltre ovviamente ai continui scioperi: quello del 26 giugno era “per la difesa del diritto di sciopero e contro la privatizzazione”.
Due anni fa gli autisti viaggiarono per giorni a passo d’uomo senza perdere un’ora di stipendio. Ecco alcune ottime ragioni per partecipare a quella che è una battaglia di civiltà con un valore non solo per Roma: il referendum promosso dai Radicali per togliere l’Atac dalla grinfia clientelare di scambio tra Campidoglio e dipendenti e assegnare il servizio di trasporto con una regolare gara, aperta a soggetti pubblici e privati, in grado di rimettere in piedi un baraccone che, oltre ai disservizi, ha cumulato 1,2 miliardi di debiti a carico dei contribuenti. Il cambiamento è possibile da dicembre 2019, quando scadrà il contratto quadriennale con l’Atac rinnovato dalla giunta di Ignazio Marino e strenuamente difeso da Virginia Raggi e Beppe Grillo, visto che i grillini hanno il serbatoio di voti tra gli impiegati municipali e delle controllate: 50 mila, 16.600 più che in tutti gli stabilimenti italiani di Fiat Chrysler. Dall’indagine 2016 di Mediobanca sulle partecipate pubbliche l’Atac è risultata ultima su 418 aziende. In cinque anni ha perso altri 765 milioni. I paragoni con Milano sono peggio che impietosi. Passeggeri trasportati pari al doppio dei milanesi (1,2 miliardi contro 0,6) ma incassi due volte e mezzo inferiori (250 milioni di euro contro 649). Più dipendenti (11.878 contro 9.695) ma meno produttività (12.658 chilometri per dipendente contro 17.478). Quanto all’evasione, i ricavi da biglietti danno 260,7 milioni contro 423. Per il referendum si può firmare fino al 12 agosto. Che i 5 stelle e la Cgil vi si oppongano non stupisce. Ma cosa aspettano a muoversi il Pd di Renzi e le altre forze “responsabili”?