Aceto balsamico e globale
I capitali inglesi che hanno acquistato Acetum non sono invasori, ma alleati
L’aceto balsamico parla inglese, l’Aceto di Modena diventa inglese, gli inglesi si bevono l’aceto balsamico, un altro pezzo di made in Italy vola all’estero, un altro gioiello italiano finisce in mano straniera, il tè Twinings si compra Acetum. Sono tutti di questo tono, tra la delusione patriottica e il revanchismo sovranista, i commenti per l’acquisizione di Acetum, il principale produttore di Aceto balsamico di Modena, da parte del colosso Associated British Foods. Si tratta di una spia di quanto sia lontana dalla realtà e al contempo dominante la narrazione declinista e protezionista, persino in un caso di successo nel mondo globalizzato come quello dell’Aceto di Modena.
E’ un paese strano quello in cui si protesta sia quando si delocalizza sia quando sono gli stranieri a investire in Italia. In questo caso è impossibile che la produzione venga trasferita all’estero, semplicemente perché l’Aceto balsamico è un marchio Igp e Dop, può essere prodotto solo a Modena. Quello è il suo valore e gli inglesi per quel motivo l’hanno comprato. Ma c’è un altro motivo per cui l’Aceto balsamico di Modena non ha nulla a che vedere con la retorica protezionista, sovranista e a km zero ed è il fatto che la sua produzione è locale, ma il suo mercato è il mondo: su un fatturato di circa un miliardo di euro, l’export conta per il 92 per cento. E’ per questo motivo che il Consorzio di tutela dell’Aceto di Modena era favorevole al Ttip con gli Usa ed è favorevole al Ceta con il Canada, come a tutti gli altri trattati di libero scambio. E’ la differenza tra chi vede la globalizzazione come una minaccia al proprio orticello e chi la vede come un’opportunità per conquistare il mondo. Se i capitali inglesi hanno lo stesso obiettivo dei produttori italiani non sono invasori, ma alleati.