La ripresa c'è ma non si dice
L’economia cresce e per questo è tempo di ridurre deficit e debito pubblico
In questi giorni i media sono inondati da un consistente flusso di dati sull’economia, ma su tutti aleggia un certo pessimismo. Anche quando sono positivi come quelli sulla crescita, si dice che però la disoccupazione non scende abbastanza: “La ripresa c’è, ma non si vede”, dice il Corriere come Totò con la nebbia. Se l’occupazione aumenta si dice che i contratti a tempo indeterminato sono pochi. Solo una notizia è stata accolta con giubilo: secondo la Bce l’immigrazione ha dato un contributo notevole all’economia. Bene. In mezzo a tante pignolerie, in questo caso la notizia è stata presentata in modo grossolano. Il Bollettino economico Bce si riferiva a un particolare tipo di immigrazione: “L’afflusso di lavoratori dai nuovi stati membri dell’Ue”.
Si tratta quindi di lavoratori comunitari, che sono diversi dai clandestini, a loro volta diversi dai profughi. Altro tema sollevato dalla Bce, passato sottotraccia, è l’allarme sul debito pubblico: “I paesi con alti livelli di debito (leggi l’Italia) dovrebbero compiere ulteriori sforzi per condurre stabilmente il rapporto debito pubblico/pil su un percorso discendente”. Si tratta di un punto cruciale per ridurre la vulnerabilità del paese in caso di instabilità finanziaria e in vista dell’aumento dei tassi. Per fortuna l’economia è in buona salute e il pil è in crescita, quindi l’obiettivo è più facilmente realizzabile: ciò però vuol dire non sprecare risorse per manovre elettorali. Il Mef pare intenzionato a non aumentare la spesa per le pensioni (molto bene), ma forse il governo dovrebbe fare qualcosa di più per ridurre il deficit più rapidamente. D’altronde la richiesta di flessibilità all’Ue aveva una giustificazione anticiclica perché l’economia andava male. Ora che c’è crescita e le cose vanno bene è tempo di mettere fieno in cascina.