Nero non per caso
Fisco, burocrazia, ideologia gauchista nutrono l’economia sommersa
Ammonta a 208 miliardi l’economia sommersa e illegale stimata dall’Istat per il 2015, il 12,6 per cento del pil italiano. Una buona notizia è che dopo gli aumenti negli anni di crisi più acuta, il trend si è ridotto di mezzo punto. Una seconda buona notizia è che la quota per attività illegali e criminali, indotto compreso, è minima: 17 miliardi. Questo smentisce, se non certo l’esistenza di mafia, camorra e ’ndrangheta, il peso che l’immaginario collettivo attribuisce alla “piovra”. Immaginario alimentato da una narrativa mediatica, politica e giudiziaria, che tende a “mafiosizzare” tutto: retorica stile Saviano, inchieste tipo “Mafia Capitale”, il nuovo codice che equipara mafia e corruzione (compreso il sequestro preventivo dei beni). Non solo è illogico ma anche sconnesso dalla realtà.
La cattiva notizia, oltre ovviamente alle dimensioni del sommerso, è di nuovo nella rappresentazione e nei commenti che accompagnano i dati Istat: pantere della GdF sgommanti in versione blitz, politici e sindacalisti che invocano l’uso intensivo e repressivo delle banche dati. Magari sono gli stessi che hanno fatto una crociata contro i voucher e ne hanno votato l’abolizione? I settori dove il lavoro nero è maggiore sono: i servizi, a cominciare da quelli domestici; il commercio, alloggi, trasporti e ristorazione; e le costruzioni. Esattamente quelli nei quali i voucher, tracciabili, erano più utilizzati, e proprio nel biennio 2014-2015. Vedremo tra un paio d’anni i risultati della soppressione. Ma anche pensare al potere salvifico delle banche dati è a dir poco illusorio. Per lo spesometro di questi giorni, la trasmissione dei redditi Iva da parte dei commercialisti, la Sogei e l’Agenzia delle entrate sono andate in tilt bloccando contribuenti, professionisti e gli stessi incassi del fisco.
Motivo: i 19,5 miliardi di dati immessi nel sistema. La bulimia fiscale non può essere sinonimo di efficienza; invece si aggiunge agli altri strumenti di oppressione per gli onesti, e diventa alibi per gli evasori. E a proposito di commercio elettronico: andrebbe incentivato, facendo pagare ai giganti del web il giusto ma senza crociate autolesioniste. Mentre i pagamenti online andrebbero resi più convenienti. Ma soprattutto serve una revisione drastica del sistema fiscale (e contributivo), a partire dalla ripidissima progressività delle aliquote che inizia già dai redditi medio-bassi, disincentivando sia il lavoro sia la correttezza delle dichiarazioni: aliquote che invece la gauche nostalgica vuole moltiplicare.
La cedolare unica ha ridimensionato gli affitti in nero: perché non andare verso le flat tax anche per i redditi? Infine sfatiamo un luogo comune: il sommerso non è una specialità solo italiana. Uno studio del 2015 condotto assieme all’Unione europea da Friedrich Schneider, economista tedesco della Kepler University di Linz, afferma che la “shadow economy” riguarda anche la Germania e la Scandinavia, con percentuali non lontane dalle nostre. Il motivo? Troppe tasse, troppa burocrazia.