La Consulta evita il colpo di grazia ai conti pubblici: ok al decreto Poletti
La Corte costituzionale dice che il blocco dell'adeguamento automatico delle pensioni è una soluzione equa. Il governo tira un respiro di sollievo: rischiava una spesa di circa 30 miliardi di euro
Con una sentenza molto attesa, soprattutto dal governo, la Corte costituzionale ha difeso oggi la legittimità del decreto Poletti sulla perequazione delle pensioni, evitando allo stato una spesa monstre, pari a 30 miliardi di euro secondo le stime dell'Inps, e quindi dall'impatto enorme sui conti pubblici. Secondo la Consulta, il decreto legge 65 del 2015 voluto dal ministro del Lavoro non vìola i princìpi di proporzionalità e adeguatezza del trattamento previdenziale. Considerando che il relatore della pronuncia, il giudice Silvana Sciarra, è stato lo stesso della sentenza 70 che nel 2015 aveva bocciato il "Salva Italia" di Elsa Fornero, il governo temeva una nuova batosta. Stavolta, non solo la bocciatura non è arrivata, ma i giudici hanno anche sottolineato come ci sia una netta differenza tra il decreto Fornero e quello Poletti: "La Corte ha ritenuto che – diversamente dalle disposizioni del “Salva Italia” annullate nel 2015 con tale sentenza – la nuova e temporanea disciplina prevista dal decreto-legge n. 65 del 2015 realizzi un bilanciamento non irragionevole tra i diritti dei pensionati e le esigenze della finanza pubblica". Insomma, la Corte ha considerato legittimo il sistema graduale adottato dal governo nel processo di adeguamento delle pensioni all'inflazione.
Il provvedimento di Poletti aveva stabilito una restituzione della rivalutazione delle pensioni in base all'inflazione, escludendo però quelle superiori a 6 volte il minimo Inps. Il meccanismo di adeguamento era assicurato al 100 per cento solo per le pensioni fino a 3 volte il minimo Inps. Per le altre l'Inps avrebbe adeguato al 40 per cento per quelle da 3 a 4 volte superiore al minimo, al 20 per cento per quelle dalle 4 alle 5 volte maggiori e, infine, al 10 per cento per gli assegni tra le 5 e le 6 volte superiore ai minimi Inps. Insomma: se il decreto Fornero bloccava l'adeguamento per le pensioni a partire da 3 volte superiori al minimo, quello Poletti congela gli assegni con un valore da 4 volte superiore al minimo Inps.
Per questo, 14 tribunali e una sezione della Corte dei conti avevano presentato ricorso alla Consulta per il mancato adeguamento delle pensioni per tutti i beneficiari. Ora la Corte costituzionale ha ribadito la correttezza del provvedimento, con una sentenza che però non convince i consumatori. "Una pessima notizia. Buona per i conti pubblici, ma molto negativa per i pensionati che faticano ad arrivare alla fine del mese", ha commentato Massimiliano Dona, presidente dell'Unione nazionale consumatori. "Il problema è che il rimborso deciso dal governo era parziale per tutti, anche per chi aveva una pensione pari a 4 volte il minimo. Ecco perché la sentenza di oggi, ritenendo realizzato un bilanciamento non irragionevole tra i diritti dei pensionati e le esigenze della finanza pubblica, ci delude e ci lascia perplessi", dice Dona.
Per Giuliano Cazzola, ex sindacalista e deputato, il criterio dell’adeguamento delle prestazioni previdenziali, indicato dall’articolo 38 della Costituzione e violato dal governo secondo alcuni dei ricorsi presentati alla Consulta, resta una questione meramente politica sulla quale i giudici non avrebbero potuto esprimersi. Ma soprattutto, la Corte ha preso in considerazione il rischio concreto che correvano le casse dello stato nel caso in cui il decreto fosse stato respinto. Fino a pochi anni fa la crisi aveva messo a rischio il pagamento stesso degli stipendi oltre a quello delle pensioni dei dipendenti pubblici, dice Cazzola. Oggi, scongiurare la prospettiva drammatica di un esborso pari a 30 miliardi di euro, con un impatto finanziario devastante per le casse dello stato, si è rivelato per i giudici un motivo più che sufficiente per giustificare il loro via libera al decreto.