Alberto Nagel, ad di Mediobanca (foto LaPresse)

Borsa senza i soliti padroni

Redazione

L’avanzata dei fondi in Mediobanca segnala una tendenza positiva

Anche in Mediobanca i fondi hanno superato gli azionisti del vecchio patto. Sabato scorso per la prima volta all’assemblea dei soci il peso dei fondi presenti è stato del 29,6 per cento contro il 28,65 del capitale sindacato dallo zoccolo duro del capitalismo italiano e francese. L’ad Alberto Nagel intende conferire alla merchant bank di Piazzetta Cuccia un assetto tipo “public company” con una strategia che privilegia la creazione di valore per gli azionisti e non la conservazione dello status quo. Prova ne è l’intenzione di mettere sul mercato porzioni significative di Assicurazioni Generali di cui è primo socio con il 13 per cento.      

Il salotto buono è ormai superato, e Mediobanca è lo specchio della trasformazione in corso di Borsa Italiana: nel corso degli anni i fondi esteri hanno incrementato le partecipazioni a livelli che non hanno precedenti nelle quotate. Secondo una elaborazione del Sole 24 Ore su dati S&P Market Intelligence gli investitori istituzionali stranieri possiedono partecipazioni sul listino italiano pari a 278 miliardi di euro pari al 45 per cento della capitalizzazione di Borsa. Fino all’anno scorso il rapporto partecipazioni vs capitalizzazione era del 43 per cento, del 39 nel 2013. L’apprezzamento delle azioni quest’anno, con il FtseMib che è il migliore listino d’Europa, con un guadagno del 17 per cento da inizio anno, ha catalizzato gli investitori esteri che hanno anche approfittato dell’apertura dell’azionariato delle banche medie e grandi in forza degli aumenti di capitale dell’ultimo anno e mezzo.

     

I fondi americani BlackRock, Vanguard e Capital Group sono i primi tre giganti di casa a Piazza Affari. Sebbene il cambiamento sia notevole, Piazza Affari è tuttora una piccola Borsa in Europa, dove le 40 imprese del listino principale fanno l’80 per cento della capitalizzazione, e i titoli finanziari dominano. La crescita del listino Aim, al quale si sono aggiunte circa 30 piccole e medie imprese nell’ultimo anno grazie all’incentivo dei Piani individuali di risparmio, è incoraggiante. Ma in generale l’apertura a una platea vasta di investitori è ancora un obiettivo da raggiungere: le vere public company con un flottante libero che supera il 50 per cento delle azioni sono poche (Azimut, Prysmian, Fineco, Yoox). Possono esserci ragioni per preoccuparsi dell’influenza di attori di dimensioni rilevanti, ma è forse preferibile un azionista di rango mondiale interessato all’estrazione di valore piuttosto che un socio localistico incline a conservare influenza politica, da salotto appunto.

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