Multinazionali storiche contro colossi di internet, l'altra faccia del derby democrazia-populismo
Da una parte un'organizzazione che ricalca quella dei governi, dall'altra il “modello referendum” dove i cittadini possono dire la loro. È questa, secondo il Financial Times, la vera battaglia da non sottovalutare
La democrazia è in crisi? O meglio, la democrazia rappresentativa, quella dei partiti, dei governi e dei parlamenti, è destinata a scomparire definitivamente sostituita dall'uomo solo al comando? L'argomento è molto dibattuto. Soprattutto nell'età dei populismi. Qualche giorno fa Il Foglio aveva scritto di un sondaggio di Pew Research che, nonostante il partito dei catastrofisti, mostrava come, in Occidente, circa l'80 per cento delle persone difende e sostiene la democrazia rappresentativa.
Solo 13 per cento, al contrario, si diceva interessato ad un sistema fondato su un leader forte che potesse governare senza l'ausilio del parlamento. Ma secondo Janan Ganesh, editorialista e commentatore del Financial Times, non è questo il dato che va considerato. Il 70 per cento, infatti, si schiera a sostegno della democrazia diretta, della possibilità che i cittadini, non eletti, votino per decidere cosa debba diventare legge. È la logica del referendum che ha prodotto, negli ultimi anni, due casi di scuola: la Brexit e la Catalogna. Forse basterebbe questo a capire i rischi di questo modello. Che per Ganesh può essere esteso anche all'economia.
“Gli affari - scrive - sono stati usati per rafforzare la democrazia rappresentativa. Le grandi multinazionali (Ford, McDonald's, Sony) sono esse stesse organizzate come fossero dei governi. Hanno molti dipendenti, si occupano di cose tangibili e hanno dirigenti che non si distanziano molto dalla classe politica. Google e Facebook, invece, hanno dinamiche simili a quelle dei referendum. Rispetto alla loro capitalizzazione sui mercati impiegano poche persone ma offrono a miliardi di cittadini di parlare direttamente e di avere un'immediata gratificazione, che è il nuovo livello dell'esperienza umana. Talvolta attraverso di loro passa una visione del mondo all'interno del quale il governo è considerato periferico. Forse nulla di questo inciderà nella nostra cultura civica. Forse”.