Draghi e il pericoloso alibi della ripresa
L’incoraggiante crescita europea non sia il carburante del Partito dell’attesa
La crescita economica dell’Eurozona si è rafforzata nel terzo trimestre segnando un aumento del 2,5 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente – il livello più alto da inizio 2011. Il dato sul pil, pubblicato questa settimana, supera quello degli Stati Uniti (2,3) e del Regno Unito (1,6) nelle more della Brexit. Il beneficio deriva dalle solide performance di Francia e Italia e dalla ripresa robusta in Spagna, Austria e soprattutto in Germania che, con una crescita dello 0,8 per cento sul secondo trimestre, conferma di essere bastione d’Europa. La fiducia delle imprese e il mercato del lavoro in Germania sono in continuo miglioramento e si intravedono aumenti dei salari. Le prospettive sono insomma incoraggianti. IHS Markit, società di consulenza inglese, ha migliorato le previsioni di crescita del pil dell’Eurozona al 2,4 per cento per quest’anno e al 2,1 nel 2018. Le sfide politiche ed economiche tuttavia persistono e non possono essere ignorate auto-compiacendosi del progresso – dal 2019 in poi è probabile che la crescita mondiale decelererà. Il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, è stato netto su questo punto durante la conferenza “Politica monetaria e le prospettive per l’economia”, ieri a Francoforte. “Mentre la ripresa procede, ora è il momento giusto per l’area euro. Significa mettere le nostre case fiscali in ordine e costruire protezioni per il futuro – non solo aspettare che la crescita riduca gradualmente il debito”. Le parole di Draghi, in modo istituzionale, fanno eco a quelle del vicepresidente della Commissione, Jyrki Katainen, considerate un affronto dai media. Martedì Katainen aveva detto all’Italia di non scostarsi dal contenimento della spesa per motivi elettorali, come l’ennesimo intervento sulle pensioni in legge di Bilancio.