La spinta tecnocratica
Draghi vuole approfittare della ripresa per forzare la mutazione del credito
Mentre la ripresa economica dell’area euro è indirizzata su un percorso auto-sostenibile, la Banca centrale europea sembra cogliere la finestra di opportunità per disciplinare il sistema bancario in modo drastico. Ieri il presidente Mario Draghi, parlando in audizione al Parlamento europeo, ha usato toni risoluti. Per Draghi la condizione affinché si proceda alla creazione dell’Unione bancaria dipende dall’accoglimento dei nuovi standard di contabilità dei crediti deteriorati a partire dal 2018 che l’Italia osteggia, praticamente isolata in Europa. Con un parere legale il Parlamento europeo aveva diffidato la Bce dal legiferare in materia, ma per la Vigilanza di Francoforte è di sua precisa competenza.
Per Draghi il problema dei crediti deteriorati e la creazione di un fondo europeo di tutela dei depositi in caso di fallimenti bancari sono “interconnessi”, come dire che solo con una diminuzione dei rischi potrà esserci una condivisione degli stessi tra vari i paesi; che è la posizione sempre espressa dai paesi dell’euro-nord, Germania in particolare. Inoltre Draghi ha commentato un opinion paper della Bce dell’8 novembre scorso in cui l’Istituto suggerisce di sollevare la tutela dei depositi bancari sotto i 100 mila euro – oggi in vigore – in caso di risoluzione di una banca dando cinque giorni di tempo ai correntisti per prelevare quanto necessario a vivere, ed evitare così una rapida fuga di depositi. Ciò cambierebbe la gerarchia dei partecipanti alla vita della banca aggredibili col bail-in, equiparando tutti i depositanti ad azionisti e obbligazionisti, già vulnerabili. “Stiamo discutendo di misure estreme in circostanze estreme”, dice Draghi. Segnalando però che la Bce ha intenzione di spingere la mutazione del sistema bancario mentre l’economia è in ripresa.