La Manovra e il rischio dei "bonus al buio"
Dall'assegno per i nuovi nati al voucher per la banda larga fino al fondo per le vittime delle banche. Perché gli effetti di queste misure potrebbero non essere automaticamente positivi
Ultimo giorno di lavoro per la commissione Bilancio sul testo della manovra che, domani, dovrebbe arrivare in aula al Senato. L'esame sugli emendamenti ha portato all'introduzione di alcune novità che, però, sembrano più che altro dei “bonus al buio”. Interventi che dal punto di vista comunicativo hanno sicuramente un valore “politico”, ma che in termini di sviluppo reale rischiano di non produrre alcun effetto o i cui effetti devono essere monitorati perché non sono automaticamente positivi.
Bonus bebè. La buona notizia è che l'intervento a sostegno della natalità potrebbe diventare strutturale a partire dal 2019. Ciò nonostante il suo valore verrebbe dimezzato passando da 960 a 480 euro l'anno. L'emendamento riformulato e presentato in commissione ha però copertura solo per i prossimi tre anni. La notizia, tra l'altro, arriva nel giorno in cui l'Istat ha certificato che in Italia, negli ultimi 8 anni, sono nati 100 mila bambini in meno. Lo avevamo già scritto lo scorso 3 novembre: “il Nudge non funziona in demografia”. I bonus, infatti, sono un fondamentale punto di partenza con tutte le politiche a sostegno della famiglia, ma spesso costituiscono un alibi per i governi che, in questo modo, possono dire di aver fatto tutto il possibile. Mettere al mondo un figlio è anzitutto un fatto di cultura.
Voucher per la banda ultralarga. Un altro emendamento prevede l'introduzione di un voucher da 250 euro per l'attivazione di servizi di connettività in fibra. Qui il problema è ancora più complicato. E lo avevamo spiegato in questo articolo. Il rischio di questi voucher è di generare comportamenti opportunistici da parte degli operatori e distorsivi del mercato, senza benefici reali per gli utenti.
Fondo per le vittime delle banche. Si va verso l'introduzione di un fondo di ristoro per i clienti degli istituti di credito e finanziari che hanno perso i loro risparmi. In totale 50 milioni per gli anni 2018-2019, che andranno ai “risparmiatori che hanno subìto un danno ingiusto, non altrimenti risarcito o indennizzato, in ragione della violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza” previsti dal testo unico sull'intermediazione finanziaria. Di questo aveva parlato, qui, Stefano Cingolani, spiegando come “chi ha comperato obbligazioni delle popolari venete o del Montepaschi si proclama vittima perché è stato costretto a farlo o perché nessuno gli ha spiegato che più alto è il guadagno maggiore è il rischio”. “Sarà - aggiungeva -. Ma quando la Popolare di Vicenza si vantava di quotare 65 euro per azione, mentre il titolo Unicredit valeva pochi centesimi, tutti intascavano e si compravano un suv nuovo (basta controllare le immatricolazioni in Veneto). La moneta cattiva caccia quella buona diceva un mercante inglese del XVI secolo, Thomas Gresham, che non a caso faceva anche il banchiere”.
Fondo per caregiver. Ieri, sempre in commissione Bilancio, erano stati introdotti 60 milioni di euro (20 milioni per ogni anno nel triennio 2018-2020) a favore dei “caregiver”, cioè chi assiste e si prende cura di persone malate all'interno del nucleo familiare. Il problema, ora, è a chi verranno indirizzate le risorse. Qualche dubbio è stato sollevato da Maria Simona Bellini, presidente del Coordinamento Nazionale Famiglie Disabili: “Il riconoscimento formale è importante ed è un primo step, ma ora è importante che con queste risorse, che non sono tantissime, si intervenga dando sostegni reali a partire dalle persone con situazioni più gravose. Il fondo è esiguo, se deve servire indistintamente per chi assiste 3 milioni di persone con disabilità, sono poco più di 7 euro all’anno, mentre c’è una differenza oggettiva tra chi si fa carico dell’assistenza di una persona H24, perché ha bisogno di una assistenza globale e continua come dice la legge 104 e chi assiste una persona con una disabilità meno impegnativa dal punto di vista assistenziale. Il rischio è che non arrivino sostegni reali, perché il numero delle persone è talmente ampio”.