Etruria: mancato accanimento mediatico
Tanto vale introdurre un nuovo reato fatto apposta per i pm che non parlano
Il procuratore della Repubblica del tribunale di Arezzo, che giovedì scorso è stato ascoltato dalla commissione parlamentare di inchiesta sulle banche, rischierebbe di essere deferito al Csm per omissione o reticenza. Roberto Rossi, interrogato sul crac di Banca Etruria, ha spiegato che non esistevano i presupposti per incriminare gli amministratori, e segnatamente Pier Luigi Boschi, per bancarotta. Non ha invece fornito particolari sull’inchiesta ancora in corso per un’altra ipotesi di reato, che riguarda il prospetto informativo per l’emissione di un prestito obbligazionario, in cui, come contestato dalla Consob, non sono stati evidenziati i rischi per i sottoscrittori. Ora Rossi dice che ha annuito quando gli è stato chiesto se Boschi è indagato, ma qualche parlamentare pensa che questo modo di rispondere sia talmente “omissivo” da giustificare un intervento disciplinare. Con ogni probabilità finirà tutto in una bolla di sapone, ma fa impressione che si consideri illecito il mancato accanimento nella propalazione di notizie su inchieste tuttora in corso. Si vuole forse introdurre una “disciplina” che imponga ai magistrati di propalare in modo esteso le notizie di reato che coinvolgono soggetti politici o loro congiunti? La riservatezza, che dovrebbe essere un dovere, in casi politicamente “sensibili” diventa inspiegabilmente simile a un reato.
Naturalmente Pier Luigi Boschi dovrà rispondere, come qualsiasi altro cittadino, di eventuali reati. Il fatto, piuttosto, è che qui si vorrebbe che un rappresentante dell’accusa lo condanni mediaticamente prima ancora di aver concluso l’esame della vicenda. Lo fanno in tanti, anche se è assolutamente scorretto, così ora chi non lo fa passa per reticente, in un mondo che va alla rovescia.