Così l'indipendentismo catalano rallenta la Spagna
La banca centrale spagnola rivede a ribasso le stime di crescita per il 2018 e il 2019. A preoccupare sono soprattutto le elezioni del prossimo 21 dicembre in Catalogna
Lo scorso 14 dicembre sul Foglio avevamo parlato del “boicot”. La scelta, adottata da migliaia di cittadini spagnoli, di boicottare i prodotti di aziende catalane. Una risposta, “di pancia”, al referendum indipendentista del 1 ottobre. Un fenomeno stigmatizzato anche dalle forze politiche “unioniste” (il Partito popolare di Mariano Rajoy ha promosso una mozione non di legge che condanna il boicottaggio) e poco raccontato fuori dai confini del paese.
Ma non è l'unico risvolto economico della vicenda catalana. Prima e dopo il voto oltre 3.000 aziende hanno abbandonato Barcellona e spostato la loro sede in altre città della Spagna. Mentre il turismo di cittadini spagnoli verso la Catalonga è diminuito notevolmente. A metà novembre il governo aveva rivisto al ribasso le stime di crescita per il 2018 (dal 2,6 al 2,3 per cento). Ed ora anche la banca centrale spagnola ha fatto lo stesso.
A pesare, spiega l'istituto, non è solo l'esito del referendum e di reazioni, come quella del “boicot”, che non possono non produrre effetti sul pil, ma anche l'incertezza crescente in vista delle elezioni del prossimo 21 dicembre. Così se le precedenti stime parlavano di una crescita del 2,5 per cento nel 2018 e del 2,2 per cento nel 2019, ora la crescita prevista dovrebbe essere del 2,4 per cento e del 2,1 per cento. Una frenata che arriva proprio nel momento in cui la Spagna, dopo la crisi, aveva finalmente intrapreso la strada della ripresa.