A Taranto c'è un nuovo patto di acciaio
Non solo Calenda. Su Ilva pure i sindacati dicono al governatore di farla finita
Negli ultimi giorni pareva quasi che quella tra Carlo Calenda e Michele Emiliano fosse una questione personale, come se la realizzazione del gasdotto Tap o il ricorso contro il decreto sull’Ilva fossero solo dei pretesti per proseguire uno scontro a colpi di dichiarazioni e tweet. Il ministro dello Sviluppo economico se la prende con il populismo del presidente della regione Puglia che rischia di far spegnere l’Ilva e quello gli risponde che lui è al servizio della lobby del carbone o del gas o di entrambe. Emiliano dice che il governo ha trasformato il cantiere Tap in un luogo come Auschwitz e Calenda gli risponde che oltre ad essere infantile è pure incivile. Poi Emiliano dice che Calenda è uno che ha le “crisi isteriche” e via di seguito.
I due non si stanno simpatici, ma l’immagine dei duellanti per questioni personali, se pur funzionale a un certo tipo di racconto, è falsa. Perché al centro dello scontro politico ci sono questioni su cui si gioca il futuro industriale dell’Italia. E su questo campo la sfida non è tanto Calenda contro Emiliano, ma Emiliano contro tutti. La dimostrazione arriva dalla lettera inviata dai segretari di Cgil, Cisl e Uil a Emiliano e al sindaco di Taranto Rinaldo Melucci, in cui i sindacati chiedono ai Don Chisciotte e Sancho Panza della protesta sull’Ilva di farla finita.
“La necessità di realizzare attraverso la vendita dell’Ilva un’azione strategica ed utile per il paese – scrivono Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo – è una priorità e un’occasione da non perdere”. I sindacati, che si sono divisi persino sulle pensioni, sono uniti contro il piazzismo irresponsabile di Emiliano che rischia di far saltare un investimento positivo sia per la questione ambientale che occupazionale. Per questO, dopo le proteste dei lavoratori sotto la sede della regione dei giorni scorsi, i sindacati chiedono a Emiliano “il ritiro del ricorso al Tar”: “E’ il momento del confronto e del negoziato e non del ricorso ai tribunali, è il momento di lavorare insieme, per ricercare la soluzione migliore e dare un futuro alle lavoratrici e ai lavoratori del gruppo Ilva”.
Nessuno vuole seguire il magistrato pugliese nel baratro del populismo. Ora bisognerà sperare che l’intelligenza di fare un passo indietro prevarrà sull’orgoglio di proseguire sulla strada sbagliata: nel primo caso perderà solo lui, nel secondo perderemo tutti.