Un "patto d'acciaio" per il 2018

Redazione

L’Ilva affida al paese una lezione. La campagna elettorale deve partire da qui

Ormai mancano solo l’appello del presidente Mattarella e quello di Papa Francesco. Dopo gli inviti soft e poi più duri del ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, dopo le proteste dei sindacati locali sotto la sede della regione Puglia (oltre che Confindustria) e dopo la lettera con cui i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil hanno chiesto (seguendo la linea Fiom) alle istituzioni locali di ritirare il ricorso al Tar contro il decreto sull’Ilva, dopo il tweet conciliante del segretario del Pd Matteo Renzi ai due amministratori del suo partito (“Offro un piatto di orecchiette a te e a Carlo Calenda ma deposita le armi, Michele Emiliano. Basta coi ricorsi, mettiamoci a un tavolo e salviamo insieme il futuro di Taranto. Offro io che notoriamente ho il carattere peggiore, ed è una bella gara tra noi tre)”, è arrivato anche l’appello del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni: “Mi rivolgo al presidente Emiliano e al sindaco Melucci, facendo appello al loro senso di responsabilità e alla sensibilità istituzionale che ben conosco. Vi chiedo di ritirare il ricorso al Tar e di non mettere a rischio interventi per la bonifica ambientale e il lavoro che Taranto aspetta da anni. Da parte del Governo c’è piena disponibilità al confronto sulle questioni che avete sollevato. Conto su di voi, l’Italia e la Puglia hanno bisogno di leale collaborazione”.

 

Il “patto d’acciaio”, come lo abbiamo definito ieri, per salvare l’Ilva attraverso una soluzione che porta sostanziosi investimenti per l’ambiente e l’occupazione, si va rafforzando e mette sempre più nell’angolo un’opposizione di principio ma fuori dalla realtà. A questo punto si spera che questo pressing abbia effetto e che, tra chi ha responsabilità di governo, il buon senso prevalga sulle convinzioni.

  

In questa chiusura di anno, la crisi dell’Ilva di Taranto consegna al paese una lezione e un auspicio. La lezione è che il populismo, la strategia più o meno consapevole di alimentare e diffondere speranze e obiettivi fuori dal mondo del possibile, forse può portare a benefici elettorali di breve termine ma non paga nel lungo periodo e anzi, si ritorce contro i fomentatori. In questo caso, la vicenda dell’Ilva ricorda nel piccolo ciò che è successo in Grecia con il referendum contro l’euro e la Troika: una vittoria di Pirro. Yanis Varoufakis ha vinto il referendum, ma poi è dovuto andare via in moto. Il brillante economista greco ha ora una carriera da scrittore e conferenziere nel mondo, cosa che però non è nelle possibilità dei piccoli Varoufakis pugliesi. L’auspicio è che con l’anno nuovo, le forze moderate, riformiste e ragionevoli – che sul caso Ilva come sul resto sono maggioritarie – prendano l’iniziativa e si facciano sentire più delle minoranza rumorose. Sarebbe bello, per tutti, centrodestra e centrosinistra, cominciare insieme la campagna elettorale dalla Puglia, dall’Ilva, per far capire che si può essere avversari su tutto ma non si può stare su sponde diverso quando ci sono battaglie di buon senso.

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