Un milione di Jobs Act
Ammettere la ripresa dell’occupazione è un prerequisito per aumentare i salari
Nell’agorà senza filtri dei social network non era raro ieri imbattersi in ipotesi di complotto Istat-governo. I dati sull’occupazione diffusi sono buoni, e per questo ritenuti falsi da alcuni. Probabilmente quella alle buone notizie non è una semplice allergia, ma una resistenza alla realtà. A novembre il tasso di occupazione è tornato a crescere al 58,4 per cento, livelli del 2008. In numero assoluto gli occupati ammontano a 23,183 milioni, numero superiore al picco pre-crisi e finora mai superato dall’inizio delle rilevazioni statistiche nel 1977. Cala al 32,7 per cento la disoccupazione giovanile, il tasso più basso da sei anni, diminuendo del 7,2 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Aumenta ma in modo contenuto l’inattività giovanile. Il tasso di disoccupazione flette di poco all’11 per cento, il livello più basso dal 2012. Ci sono ancora grandi disparità tra paesi. In Germania il tasso di disoccupazione è ai minimi record (3,6 per cento), molto inferiore rispetto a Italia e Spagna (16,7).
Ma il mercato del lavoro si sta rimettendo in sesto in tutta Europa. In Francia la disoccupazione è ai minimi dal 2011, in Portogallo è per la prima volta sotto i livelli del 2010. E la ripresa – spiace per i cospirazionisti della statistica – continuerà. L’economia sta andando bene e nei sondaggi le aziende dicono di volere continuare ad assumere. Ciò suggerisce che il tasso di disoccupazione scenderà nel 2018 e spingerà a un aumento dei salari in Eurozona. Ieri i lavoratori del Ig Metall, il più grande sindacato di Germania, hanno scioperato chiedendo salari più alti (per contratti che riguardano il 30 per cento dei dipendenti) a testimoniare che intendono approfittare del boom. Si può sperare nel contagio in Italia, purché non si neghi un progresso delle condizioni generali e purché la prossima legislatura non prenda in mano il Jobs Act per rottamarlo ma semmai per implementarlo provando a estenderlo in quei settori (come il pubblico impiego) dove il metodo Jobs Act prima o poi andrà esportato per permettere all’Italia di viaggiare allo stesso ritmo dell’Europa.