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Politica col retrovisore sul lavoro

Redazione

Disoccupazione al 10,8 e la propaganda elettorale rumina la solfa del Jobs Act

A dicembre 2017 la disoccupazione è scesa di un altro decimale sotto l’11 per cento, al 10,8. Livello più basso da agosto 2012, ma allora l’indice cresceva rapidamente (il picco fu il 13,5 per cento nel primo trimestre 2014), mentre ora va lentamente in direzione opposta. Anche la disoccupazione giovanile cala al 32,2 per cento; era al 44,2 a giugno 2015. Alla riduzione della disoccupazione s’accompagna quella dell’occupazione: la spiegazione statistica è nel numero di persone che cercano o non cercano lavoro. In una campagna elettorale un po’ stanca, dopo che sono state sparate promesse iperboliche, tutto è piegato alla propaganda. Il centrodestra definisce il Jobs Act “una frana” (Renato Brunetta), “un incubo da cancellare” (Renata Polverini).

     

Un po’ più di misura è auspicabile: la damnatio memoriae del renzismo comprende anche il Jobs Act, tanto più ricordando le meritevoli riforme del lavoro ispirate da Marco Biagi fatte da Forza Italia e dalla Lega? Logica imporrebbe di guardare ai 3,3 milioni di lavoratori in nero stimati in un focus Censis-Confcooperative. Chi ha preteso la cancellazione dei voucher pensa che sia stata una buona idea? Certo manca una ripresa convincente dell’edilizia, mentre turismo e commercio seguono i cicli stagionali. In questi tre settori, però, pensare al ritorno dell’art. 18 è folle.

 

Come dicono le aspettative degli imprenditori non manca poi chi intende assumere, a condizione di vedere un orizzonte politico chiaro. In Lombardia la disoccupazione nella popolazione attiva è scesa al 3,9 per cento (come in Germania) e rispetto all’intera popolazione sopra i 15 anni l’occupazione è salita al 75 (ben oltre il 2008), seconda regione europea dopo il Baden-Wurttemberg. Lì la collaborazione riformista bada a fare non a smantellare.

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