Carlo Messina, ceo di Intesa Sanpaolo (foto LaPresse)

Contro il populismo bancario

Redazione

I successi in Borsa di Intesa sono l’antidoto alla mistificazione sugli istituti

In una giornata che ha fatto registrare anche ieri pesanti ribassi di Borsa, Intesa Sanpaolo si è mossa in netta controtendenza tra i 40 titoli a maggiore capitalizzazione di Piazza Affari, con guadagni di oltre il 2 per cento. Merito del piano dell’amministratore delegato Carlo Messina: dove non brilla solo per l’utile 2017 di 7,3 miliardi di euro (dei quali 3,5 di dote del Tesoro per l’acquisizione delle popolari venete), ma anche per la crescita di guadagni annua del 12,1 per cento fino al 2021, quando l’utile netto previsto sarà di 6 miliardi.

 

I dividendi sono come al solito generosi, l’85 per cento sull’utile; ma non c’è solo questo, né il dimezzamento da 22,5 a 12,1 dei crediti deteriorati. La parte propriamente industriale punta a investire nel risparmio gestito – Intesa già controlla Eurizon, che dopo la cessione di Pioneer alla francese Amundi da parte di Unicredit è rimasto il baluardo italiano nel secondo paese più risparmiatore al mondo – e soprattutto nel settore assicurativo sanitario e previdenziale.

 

“Puntiamo alla leadership europea”, ha detto Messina, che non esclude alleanze in questo campo, e che un anno fa lanciò una mini-scalata alle Generali (si disse anche per i buoni rapporti con Matteo Renzi, che egualmente considera strategiche le assicurazioni), operazione poi rientrata. Pochi giorni fa il tycoon americano Ray Dalio ha scommesso al ribasso 3 miliardi di dollari del suo fondo Bridgewater sui titoli italiani, a cominciare da Intesa (0,6 miliardi) e Unicredit (0,35). Magari ha sbagliato. Le due storie, Intesa e Unicredit, sono diverse: nella seconda il merito dell’ad di Jean Pierre Mustier è finora l’aumento di capitale record da 13 miliardi, ma domani tocca al suo piano industriale. Entrambe dimostrano che accanto a poche banche “ladrone”, come le chiama il populismo, i grandi istituti italiani hanno fatto il loro lavoro, uscendo più forti dalla crisi.

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