Coldiretti contro il Ceta: “Frena la crescita dell'export alimentare in Canada”
L'associazione di categoria: “Confermate le nostre perplessità. L'accoro è anche un cavallo di Troia per il falso made in Italy nel mondo”
Il Ceta? Una iattura per l'export alimentare in Canada. Almeno per la Coldiretti che ha sempre criticato e combattuto il trattato di libero scambio tra Europa e Canada. E se la Confederazione italiana agricoltori (Cia), come scritto alcuni giorni fa sul Foglio, aveva parlato di una crescita dell’export del 9 per cento, Coldiretti parla piuttosto di un calo. O meglio di una “frenata del tasso di crescita” del 4 per cento.
“Dopo l’entrata in vigore provvisoria del trattato di libero scambio (CETA) il 21 settembre 2017 - scrive in una nota presentando la propria analisi dei dati Istat -, nell'ultimo trimestre 2017, le esportazioni in valore sono risultate in crescita dell’8,5%, ben al di sotto del 12,5% fatto registrare nello stesso periodo nell’anno precedente l’entrata in vigore del trattato”.
“Al contrario – sottolinea la Coldiretti – dopo aver accusato nell’anno precedente l’entrata in vigore del trattato un calo del 13,2% le importazioni in Italia dell’insieme dei prodotti agroalimentari canadesi fanno registrare un balzo in valore del 23,3% con l’esclusione del grano duro. Un discorso a parte merita infatti il grano duro con gli arrivi in Italia che sono crollati del 39,5% in valore anche per la crescente diffidenza del mercati verso il cereale canadese che viene notoriamente trattato in preraccolta con il glifosate secondo modalità vietate in Italia, ma soprattutto per la necessità di diversificare gli approvvigionamenti a favore della produzione di grano nazionale per l’entrata in vigore in Italia del decreto con l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza del grano impiegato, come conferma il crollo complessivo delle importazioni di grano duro in Italia nel 2017. Un effetto riconosciuto dagli stessi canadesi che si sono opposti con decisione all'etichettatura della pasta Made in Italy”.
Per l'associazione, anche “se le prime indicazioni meritano di essere analizzate su una più lunga scala di arco temporale, sono confermate le perplessità sollevate nei confronti degli effetti del trattato sul piano commerciale da numerosi operatori”. A tal proposito Coldiretti parla anche “della proliferazione del falso Made in Italy. Per la prima volta nella storia l’Unione Europea legittima con il Ceta in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali, dall’Asiago alla Fontina dal Gorgonzola ai Prosciutti di Parma e San Daniele, ma è anche liberamente prodotto e commercializzato dal Canada il Parmigiano Reggiano con la traduzione di Parmesan come è facilmente possibile verificare sul mercato canadese dopo l’entrata in vigore del trattato. La svendita dei marchi storici del Made in Italy agroalimentare non è solo un danno ne Paese nordamericano ma si è dimostrata un pericoloso cavallo di Troia soprattutto nei negoziati con altri Paesi, dal Giappone ai Mercorsur che sono stati autorizzati cosi a chiedere le stesse concessioni”.