La propaganda è finita
Basta con le fake sui pensionati (che se la cavano). Occuparsi di competitività
La campagna elettorale si è giocata sul welfare con destinatari soprattutto i pensionati: rappresentati da 5 stelle e centrodestra come vittime della riforma Fornero che li costringerebbe a lavorare fino a consunzione. Matteo Salvini ha cavalcato lo slogan “stop Fornero”, Luigi Di Maio idem. Silvio Berlusconi ha promesso mille euro di pensione minima anche a chi non ha mai versato contributi, e “otto miliardi alle mamme”. Una mobilitazione che si spiega con l’incidenza dei 18 milioni di pensionati su 46 milioni di elettori: il 40 per cento. Che diventano il 59 con i 9 milioni di età tra 50 e 60 anni, target dei No Fornero. Ma hanno ragione i pensionati italiani, e sono onesti i partiti a lisciargli il pelo? I dati sui redditi pubblicati dalle Finanze dicono che nel 2016 i loro imponibili sono cresciuti dell’1,8 per cento, contro lo 0,1 del lavoro dipendente. Negli ultimi 15 anni l’aumento è di 7 punti, contro una riduzione di tre dei dipendenti: uno spread di dieci punti di reddito, con la crisi di mezzo e l’inflazione a zero. Quanto al 70,8 per cento di pensioni “sotto i mille euro”, reso noto giovedì con tanto di lamentele mediatiche, l’Inps ha spiegato che non rispecchia la realtà poiché molti pensionati percepiscono più trattamenti. E soprattutto esclude le pensioni pubbliche: 2,8 milioni, di importo medio di 1.828 euro. Anche la storia dei 67 anni è una fake: l’età reale di pensionamento è poco sopra i 63. Ovunque le campagne elettorali sono infarcite di promesse; ma in un paese i cui problemi sono la bassa produttività, la zero natalità e l’assistenzialismo le omissioni diventano colpe gravi. Nulla per incentivare i 20 distretti che battono tedeschi e francesi, la cui distribuzione censita da banca Intesa (17 da Firenze in su, tre al sud) è lo specchio dell’Italia. Spiccioli per i giovani. Culle vuote.