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S'odono scricchiolii

Redazione

Tra Borsa e spread i mercati (come i governi) non sono “neutrali” per sempre

Mercati neutrali o “benevoli” verso un non-governo, o meglio verso l’esecutivo 5 stelle-Lega che arriverà con o senza nuove elezioni? L’aplomb ostentato finora dalla Borsa (che ieri, mentre Matteo Salvini e Luigi Di Maio chiedevano altre 24 ore di trattative, ha riguadagnato solo un terzo della secca perdita di martedì) ha cause tecniche, non politiche. Queste cause stanno nelle trimestrali presentate dalle aziende del listino principale di Piazza Affari: in generale i profitti dei 33 titoli italiani dell’indice Stoxx dei più capitalizzati d’Europa sono in crescita dell’11,1 per cento, dieci volte più del resto del continente. Il che spiega il rialzo simmetrico (11,1) della Borsa italiana da inizio anno, molto meglio di Francoforte, Parigi, Londra, Madrid. Ma i presupposti dell’euforia stanno per finire: i titoli italiani, fino a sei mesi fa acquistabili a prezzi scontati, sono ora in linea con la concorrenza. Stesso discorso per lo spread, che già pare iniziare a prendere le misure a un nuovo esecutivo populista crescendo di tre punti al giorno: Mario Draghi ha annunciato un’ultima fase di Quantitative easing, e un ancora più lungo protrarsi dei tassi a zero. I Btp acquistati dal 2015 dalla Bce rispetto al debito emesso forniscono un cuscinetto di 255 miliardi: però tra un anno l’effetto si azzererà. Luigi Federico Signorini, vicedirettore generale di Bankitalia, ha detto ieri in Parlamento che il pil italiano crescerà nel 2018 e 2019, “ma a ritmo minore e con rischi di ribasso dati dal quadro internazionale”. Nel frattempo calano le vendite al dettaglio e sul tavolo del futuro governo restano aperti dossier industriali, Alitalia in testa, in grado di produrre altro debito. Quelli saranno tutti problemi interni, altro che “euroburocrati”: il momento della verità per le ricette di spesa allegra 5 stelle-Lega.