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Il Palantír dell'Ilva

Redazione

Dall’acciaio di Taranto si vede un futuro in cui l’Italia rischia la resa

Abbiamo a lungo custodito un segreto: l’acciaio di Taranto funziona come i Palantír, le “pietre veggenti” create dagli elfi nell’immaginario di J.R.R Tolkien. Guardando attraverso l’Ilva si vede il futuro del paese (e spesso ci si azzecca). Possiamo darne prova. Per costruirla si è realizzato il compromesso storico vent’anni prima del tentativo di avvicinamento tra Dc e Pci, che sono i due maggiori partiti ad avere “calato” lo stabilimento su Taranto. Un’altra? L’ambientalismo ideologico dei movimenti del No si leggeva nel libro pedagogico “Le sirene e il mostro d’acciaio” del 2007 con la prefazione di Franco Sebastio, il capo della procura che ha ordinato il sequestro paralizzante per la fabbrica nel 2012. Facile prevedere il futuro osservando il passato? Parliamo di oggi.

 

Gli operai Ilva hanno votato in cospicua parte per il M5s, mercoledì i sindacati più recalcitranti, Fiom, Usb e Ugl, hanno mandato all’aria il tavolo al quale il governo offriva la riassunzione, a carico dello stato, degli esuberi richiesti da ArcelorMittal. L’hanno fatto seguendo l’idea di Michele Emiliano, governatore della Puglia, che ritiene il governo uscente “delegittimato”. Forse perché si aspettano di più da un governo grillino. Gli operai sono stati gabbati, come gli elettori che hanno votato un partito che ha cambiato programma, e ora non hanno visibilità su un futuro improvvisato. Il M5s nazionale vuole tenere aperta l’Ilva, il ministro in pectore Fioramonti chiuderla, a livello locale credono al fantasy dell’acciaio prodotto col gas. Una previsione? Si perde tempo. Arcelor occupa il sito senza spendere nulla e conserva l’egemonia sulla siderurgia europea. L’Italia si priva di un asset chiave e dipenderà dall’estero per avere acciaio (se le verrà concesso). La resa di un paese industriale.

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