Strade e aeroporti. Così le infrastrutture creano occupazione
La gigantofobia è superata. Varcare i confini italiani fa bene anche all’economia del paese. Il “modello Atlantia”
Roma. La perplessità dei mercati rispetto all’incertezza politica ha spinto il Fondo monetario internazionale (Fmi) a tagliare le stime di crescita dell’Italia. L’avvertimento del Fmi all’esecutivo in carica è di evitare politiche pro-cicliche in fase recessiva, concentrandosi sul consolidamento del bilancio. Tuttavia la discussione sulla riforma del mercato del lavoro prosegue ancora, affidata al decreto dignità, che dovrà essere convertito in legge entro l’11 settembre prossimo. Mentre il governo difende la bontà del provvedimento, in un’audizione alla Camera Confindustria ha assunto una posizione critica rispetto ai possibili effetti della riforma, che potrebbe impedire i rinnovi di molti contratti a termine attualmente in vigore. Nell’intervento di Confindustria ha trovato spazio anche il tema della differenziazione tra delocalizzazioni, che il decreto cerca di impedire alle imprese che hanno fatto uso di fondi pubblici, e processi di internazionalizzazione, strumento invece prezioso per migliorare la competitività del sistema economico italiano.
In effetti, le imprese italiane che hanno saputo reagire meglio alla crisi degli anni scorsi sono quelle che hanno saputo allargare il proprio campo di azione anche fuori confine, pur mantenendo in Italia la propria base manageriale e la forza produttiva di partenza. Un metro utile per giudicarne l’operato sono i rendimenti economici e l’occupazione generata. A riguardo non mancano alcuni esempi positivi.
E’ di queste settimane la notizia che il gruppo Atlantia, impegnato nel settore delle infrastrutture autostradali e aeroportuali, ha ricevuto il via libera dell’Antitrust europeo per l’acquisizione della spagnola Abertis. La multinazionale italiana da anni è impegnata in un processo di internazionalizzazione che ha portato l’azienda in Brasile, Cile, India, Polonia e Francia. Contemporaneamente il gruppo ha condotto una strategia di crescita occupazionale sia in Italia sia all’estero, raggiungendo un incremento dell’organico del 6 per cento in un anno (15.394 dipendenti a fine 2017 contro 14.584 del 2016), del 40 per cento in 10 anni (più 4.374 unità medie). Per ottenere questi risultati, all’internazionalizzazione Atlantia ha affiancato l’internalizzazione di alcune attività legate ai servizi ai clienti, una scelta ripagata anche dalle rilevazioni positive di prestigiosi enti internazionali che riconoscono nell'hub di Fiumicino il primo scalo europeo per qualità dei servizi ai viaggiatori. Sia Autostrade per l’Italia che Aeroporti di Roma, entrambe controllate dal gruppo Atlantia, hanno internalizzato diversi servizi della filiera: dalla società Giove Clear che si occupa della pulizia delle aree di servizio autostradali ad Airport Cleaning, che a Fiumicino impiega 600 addetti, fino alla riqualificazione di una parte del personale nei call center gestiti dal gruppo. Nei soli scali aeroportuali di Fiumicino e Ciampino sono state stabilizzate mille persone in quattro anni impiegate nei servizi ai passeggeri, sicurezza e manutenzione.
Nonostante il contesto economico complesso, Adr è riuscita ad agire in modo anticiclico, gestendo con efficienza la crescita del traffico. Oggi l’aeroporto Leonardo Da Vinci, dove lavorano nel complesso 38 mila persone, può essere considerato la più importante realtà industriale del centro Italia e il gruppo Atlantia punta ancora alla sua crescita: nel 2022 vedrà la luce un business center all’interno dello scalo in grado di generare 23.500 occupati tra lavoratori diretti (5.300), indiretti e indotto. Un esempio del made in Italy che funziona e produce reddito e occupazione. In Italia, come all’estero.
Sovranismi all'angolo