A fare a gara a fare i puri…
Gli ambientalisti pungolano Di Maio per la (pessima) trattativa stato-Ilva
L’attendismo di Luigi Di Maio inizia a spazientire anche i movimenti ambientalisti tarantini che intorno alla chiusura di Ilva hanno costruito la loro intesa con il Movimento 5 stelle. Gli ambientalisti vogliono chiudere la fabbrica, ma Di Maio tentenna e nemmeno dà soluzioni concrete. La rivoluzione del No divora i suoi figli. Di Maio è incastrato tra il rispetto delle folli idee della sua constituency e la realtà di un’impresa che impiega 13.700 addetti. Gli ambientalisti non ammettono una trattativa stato-Ilva.
Sabato il comitato “quartiere Tamburi” e altre sigle civiche come i Genitori tarantini e il comitato Liberi e pensanti hanno dato l’ultimatum: “Questo territorio pretende risposte certe e prive di ambiguità: attenderemo dei segnali di apertura entro lunedì 23 luglio, in mancanza dei quali, ci vedremo costretti a giudicare tale atteggiamento un segnale inequivocabile circa il tradimento del mandato elettorale ricevuto”. Il problema è che l’ambiguità vera è un’altra, e in senso opposto. Di Maio ha prima rinviato l’inizio della gestione di ArcelorMittal, poi minacciato di annullare la gara di aggiudicazione, e ieri ha chiesto ulteriori miglioramenti alle proposte presentate martedì da Arcelor. Proposte già migliorative del piano iniziale, soprattutto per l’ambiente, peraltro stilate assecondando i desiderata governativi. Lui temporeggia, incontra Arcelor (che conferma le proposte) e prende un mese per valutare la “legalità” della gara (contro la quale il presidente della Puglia Michele Emiliano aveva fatto ricorso e che il Tar ieri ha respinto). L’ambiguità resta: chiusura, riconversione, affidamento a un altro acquirente, conferma ad Arcelor? Se non ci sarà risposta entro il 15 settembre sarà imperativo ricorrere ad altri finanziamenti pubblici.