Un solito brivido per Generali
L’approccio di Elliott a Mediobanca non è confermato, ma sa di déjà-vu
Il fondo attivista Elliott non ha commentato le indiscrezioni lanciate da Dagospia e confermate da Repubblica sull’acquisto dell’1 per cento di Mediobanca, un pertugio che porterebbe – stando alle ricostruzioni – la creatura di Paul Singer a spingere per uno scorporo della quota detenuta dalla banca d’affari in Generali. Paolo Scaroni, chiamato in causa da Dagospia, ha smentito di avere incontrato il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, per parlare dell’operazione e ha precisato di avere lavorato con Elliott solo per l’acquisto del Milan e non di essere “consigliori” del fondo. Mediobanca dice di non avere avuto contatti con Elliott. Ci sono smentite, dunque, sugli ennesimi rumor di manovre attorno a Generali (memorabile l’anno scorso il take-over strombazzato e mai avvenuto di Intesa). E tanto basta per regalare agli osservatori una sensazione di déjà-vu.
Non ci sarebbe nulla di illogico, anzi, se Elliott per ragioni speculative investisse in Mediobanca che ha conti solidi e un business in espansione. La banca di Alberto Nagel ha annunciato ieri lo sbarco in Indonesia nel credito al consumo dove ha rilevato il 19,9 per cento di Bfi Finance attraverso Compass. La logica politica dell’operazione Elliott, descritta dai media, entrerebbe nel mood patriottico-protezionista inaugurato da Carlo Calenda con Tim quando Cdp ha seguito Elliott per repingere i francesi di Vivendi. Elliott potrebbe salire in Mediobanca drenando quote al primo socio Unicredit e poi invocare la cessione al mercato del 10 per cento detenuto dalla banca in Generali scatenando l’assalto al pacchetto. A quel punto non stupirebbe la chiamata alla difesa dell’“italianità”. Più che le conferme dagli interessati, la conferma saranno le grida di allarme.