Combattere uno stato confusionale
Perché l’impennata del rischio Italia dipende anche dai tagli alla spesa
Non è stupefacente che gli analisti di Bank of America prevedano una escursione notevole dello spread fra i titoli decennali italiani e tedeschi: una riduzione a 170 punti base, da 250 attuali, a oltre 400 punti base, vicino ai livelli del 2011. “La direzione dello spread dipenderà da come le agenzie di rating prenderanno le proposte per la legge di Stabilità 2019”. Non saranno certo gli articoli di “due economisti conservatori”, come Giorgio La Malfa ha chiamato Alberto Alesina e Francesco Giavazzi per difendere Paolo Savona, a generare un aumento del costo di finanziamento del debito. Quest’ultimo è salito, e sale a giorni alterni, per via delle ambigue dichiarazioni di esponenti governativi, da Di Maio a Salvini. Un’ambiguità che il premier Giuseppe Conte non risolve con i suoi “stiamo verificando”, “è alla nostra attenzione”. Le proposte di finanza pubblica finora sono confuse, nonostante il Consiglio dei ministri abbia dedicato parte delle ultime riunioni a questo. Il risultato? Il risultato è che il vice ministro dell’Economia, il leghista Massimo Garavaglia, dice che “è molto meglio avere una riduzione strutturale delle tasse piuttosto che un bonus che resta sempre appeso” – ovvero usare la cifra di 10 miliardi, del bonus renziano per i lavoratori dipendenti, per finanziare il primo modulo della flat tax per le persone fisiche – e Salvini e Di Maio ieri l’hanno smentito immediatamente. Non si capisce dove si possano trovare le coperture per avviare una riduzione delle aliquote fiscali e il reddito di cittadinanza se non attraverso maggior deficit da ottenere un eventuale scontro a Bruxelles; un invito a danzare per Lady Spread. Di riduzione della spesa non si parla più (il governo non ha neppure nominato un commissario alla spending), i grillini ora sono disinteressati a “eliminare gli sprechi”. Eppure da lì bisogna cominciare.