Avvitamento sovrano
Il rischio politico fa salire lo spread e si trasmette a banche, famiglie e imprese
L’Italia è divergente dal resto dell’Eurozona, per via dell’aumento della percezione del rischio politico derivante dalle posizioni confuse del governo legastellato. Le rilevazioni Ocse nel secondo semestre mostrano che, in un contesto macroeconomico di stasi (l’Eurozona è stabile allo 0,4 per cento), l’Italia è l’unico paese del G7 ad arretrare (dallo 0,3 allo 0,2 per cento). Sarebbe eccessivo imputare la flessione solo al governo sovranista, il quale tuttavia deve fare i conti con questo andamento divergente anche per fissare gli obiettivi di crescita nella legge di Bilancio. E’ invece imputabile all’esecutivo l’aumento del rischio sovrano che ha determinato la vendita record di 56,6 miliardi di titoli di stato italiani da parte di investitori esteri da maggio a giugno, spingendo il rendimento dei decennali al 3,2 per cento dal 2 per cento circa di metà maggio, quando i mercati hanno visto per la prima volta il “contratto del cambiamento”. Le agenzie di rating come Moody’s hanno rimandato di un mese il giudizio sul merito di credito in attesa di vedere i numeri della Finanziaria. Il rating è attualmente BBB, un gradino sopra al livello “non-investimento” (“spazzatura”). Venerdì invece è atteso il giudizio di Fitch.
Ma si può già osservare che il rendimento dei titoli di stato è elevato rispetto al rating, oppure che il rating è troppo alto per quel rendimento. E in un modo o nell’altro la relazione dovrà equilibrarsi. A differenza del 2011 non c’è un contagio verso altri paesi, lo spread con i Bund dei titoli spagnoli, portoghesi e irlandesi in questi mesi è calato, non aumentato come in Italia. Segno che il rischio è concentrato in un solo paese. Tuttavia, come nel 2011, c’è un avvitamento del rischio sovrano-bancario nonostante la Bce abbia fatto, attraverso il Quantitative easing, quanto necessario per scaricare le banche dai titoli di stato e interrompere il circolo vizioso. Dal momento che sono considerate più rischiose per via dei titoli di stato in pancia, per le banche sta aumentando il costo di finanziamento. La settimana scorsa Intesa Sanpaolo ha raccolto 1 miliardo di euro con un’emissione obbligazionaria, a fronte di una domanda quasi doppia, il che sarebbe una buona notizia se non fosse che l’onere da corrispondere è salito di 111 punti rispetto all’ultima emissione. Se questo vale per la prima banca italiana ci si può domandare cosa ciò significhi per le altre. E per le famiglie e le imprese su cui verranno scaricati i maggiori costi di finanziamento.