Banche ingabbiate nel pubblico
Il carico di debito, appesantito dallo spread, costringerà a rifarsi sul popolo
Per le 37 maggiori banche europee scadono oggi i termini per l’invio alla Vigilanza della Bce della documentazione sugli stress test 2018; intorno ai risultati, noti il 2 novembre, trapela un ottimismo ufficioso. Sono impegnate Intesa, Unicredit, Banco Bpm e Ubi – non il Montepaschi in ristrutturazione – mentre Mediobanca, Bper, Carige e Iccrea partecipano a un test sugli istituti con minore clientela retail. Dopo l’uscita dalla crisi e la ristrutturazione bancaria europea gli stress test destano meno allarme, vedi i rumor su Société Générale-Unicredit, peraltro rafforzatisi dopo la recente nomina di Sébastien Proto, un ex Rothschild come Emmanuel Macron, a capo delle strategie della banca francese. La quiete è però solo di facciata. Banche e assicurazioni sono esposte ai titoli pubblici del proprio stato di residenza in portafoglio. Secondo gli analisti si tratta del 15 per cento per l’Italia contro il 7 per cento del resto d’Europa: più del doppio. Lo spread si è notoriamente impennato da maggio e sale ogni volta che un esponente della maggioranza parla a ruota libera, deprezzando il valore in conto capitale dei Btp. Le riforme e il (lento) rientro del deficit avevano ridotto il pericolo. Ma ora le banche tornano prigioniere della gabbia sovranista per i titoli pubblici, e anche se supereranno il test riequilibreranno il rischio di patrimonio rifacendosi su imprese e famiglie. Altra ricaduta del nazionalismo che considera il debito una variabile indipendente. Meno male che a Genova alla Carige stanno cadendo i vecchi lacci “del territorio” che ne avevano fatto una banca a rischio, e la guerra per il controllo si svolge tra soci vecchi e nuovi, tra l’emiliano Malacalza e i genovesi Mincione-Spinelli-Volpi, con capitali privati. Ora la sfida la decide il mercato. Buon segno.