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La Borsa non è un'isola in Europa

Redazione

Perché chiedere le dimissioni di Nava è contrario all’interesse nazionale

I l M5s e la Lega tornano a invocare le dimissioni di Mario Nava dalla presidenza della Consob, confermando i loro dubbi sulla sua indipendenza rispetto alle autorità europee in quanto, nell’assumere l’incarico settennale, concertato dal governo precedente e dal Quirinale, ha mantenuto un rapporto con la Commissione attraverso un distacco di tre anni. I gialloverdi stanno ribaltando le indicazioni della Commissione europea che, in merito alla nomina di Nava, esige che il presidente della Autorità che vigila sulla Borsa sia sì indipendente, non dalla Commissione, ma dalla politica nel suo agire sul territorio nazionale. 

  

Probabilmente, visti i continui attacchi prodotti a Consob attraverso di lui in modo pretestuoso, Nava avrebbe forse fatto meglio a dimettersi dal precedente incarico prima di assumerne uno nuovo. Tuttavia il suo cursus honorum e il suo ultimo compito presso i vertici del direttorato per la Stabilità finanziaria, i servizi finanziari e l’Unione dei mercati di capitale – dal quale sono passate le direttive per banche (bail-in) e per la disciplina del mercato (Mifid) – è una garanzia dato che il suo dovere in Consob è vigilare sull’applicazione da parte degli operatori di mercato della legislazione italiana che corrisponde a quella europea. Senza contare che, dopo decenni di integrazione, è naturale emergano figure di euro-funzionari che tornano nei loro paesi. Mario Monti e Romano Prodi, per i quali Nava ha lavorato, ne sono esempi. Mario Draghi potrà esserne un altro. Conoscere e sapere gestire i meccanismi decisionali europei sono vantaggi per difendere l’interesse nazionale, non handicap.

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