Aprite il portafoglio e allacciate le cinture
L’unione bislacca tra Fs e Alitalia farà male a contribuenti e pendolari
Difficilmente Giovanni Tria potrà opporsi a una delle operazioni più rischiose per i contribuenti che si sta preparando dopo la legge di Bilancio: la ri-statalizzazione di Alitalia con l’ingresso di azionisti come Fs, Cdp e Poste, aziende che pure fanno capo al ministero dell’Economia.
Il contratto di governo prevede che Alitalia non vada “semplicemente salvata, ma rilanciata nell’ambito di un piano strategico dei trasporti che non può prescindere dalla presenza di un vettore nazionale”. Gli strateghi del ritorno alla compagnia di bandiera (che nei suoi 62 anni di vita pubblica ha chiuso due soli bilanci in attivo) saranno Luigi Di Maio, allo Sviluppo economico, e il collega grillino Danilo Toninelli, ai Trasporti, diretti da Matteo Salvini che vede in Alitalia un’icona volante del sovranismo. Si guarda anche ai voti dei 12 mila dipendenti, ma la vera mostruosità sta nei conti. Alitalia è gravata di un prestito statale di 0,9 miliardi e perde 1,7 milioni al giorno. Fs ha chiuso il 2017 con 0,42 miliardi di utile. Ha pianificato quest’anno investimenti per 5,1 miliardi, destinati soprattutto ai pendolari. La buona reputazione ha consentito alle Fs di emettere bond decennali al 3,5 e poi all’1,5 per cento (e a Poste di quotarsi in Borsa ed emettere bond al 3,25). Di Alitalia esiste un bond fantasma, scadenza 2020, al 5,25 con ultimo valore capitale sceso del 95 per cento. Mentre l’ex azionista Etihad ha ritirato obbligazioni emesse tra il 2015 e il 2016.
Così il sovranismo aereo dovrà ricorrere ai denari di Fs o di Poste.
Benché il modello venga sbandierato come essenziale al turismo, non esiste altra compagnia in mano alle ferrovie. Deutsche Bahn ha con Lufthansa solo una partnership commerciale. Trenitalia, per esempio, con Emirates. Preparatevi ad aprire il portafoglio, e allacciate le cinture.