Dalla Banca d'Italia all'Ufficio parlamentare di bilancio. Tutti quelli che hanno bocciato il governo
Una raccolta delle relazioni (e delle perplessità) degli organismi che in questi giorni hanno criticato la politica economica dell'esecutivo e la Nota di aggiornamento del Def
La settimana di passione del governo gialloverde è iniziata martedì 9 ottobre quando il ministro dell'Economia Giovanni Tria si è presentato davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, riunite nella sala del Mappamondo di Montecitorio, per illustrare la Nota di aggiornamento del Def (Nadef). Un documento che, ha spiegato, “riveste un'importanza particolare in quanto è il primo atto di programmazione economica che mette a sistema le priorità del governo”.
“La Nota - ha proseguito - ambisce a dare risposte alle richieste dei cittadini e delle imprese in termini di crescita e occupazione, di inclusione sociale e welfare, di minor tassazione e maggior sicurezza”.
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Dopo le parole di Tria, che ha anche risposto (in parte) alle domande di deputati e senatori, è arrivata la tempesta. Tutti coloro che si sono seduti al suo posto per essere ascoltati dalle Commissioni hanno di fatto bocciato il Def e la Manovra che verrà.
Ha iniziato la Banca d'Italia che, con il vicedirettore generale, Luigi Federico Signorini , ha spiegato come “l'impatto previsto dei provvedimenti contenuti nella manovra è elevato”. Con la stima del governo che “presuppone che i valori dei moltiplicatori delle misure espansive siano superiori a quanto generalmente stimato per l’Italia e che le misure delineate nella Nota forniscano uno stimolo all’attività già fin dai primissimi mesi dell’anno”.
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Quindi è stata la volta dell'Istat con il presidente facente funzioni Maurizio Franzini. L'Istituto, non è entrato nel merito delle misure annunciate che verrano esaminate, nel dettaglio, in seguito. Ma ha formulato alcune valutazioni sulle prospettive di crescita di breve termine. In particolare Franzini ha sottolineato come “le prospettive a breve termine dell’economia in base ai segnali forniti dall’indicatore anticipatore stimato dall’Istat non risultano favorevoli: negli ultimi mesi l’indicatore ha seguito un andamento discendente lasciando prevedere il prolungamento della fase di crescita economica contenuta”.
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Quindi davanti alle Commissioni è arrivato il presidente della Corte dei conti, Angelo Buscema. E anche lui non ha usato mezzi termini. “Non appare superfluo ribadire - ha sottolineato - che il rapporto debito/Pil è un indicatore cruciale. Se è discutibile il ruolo che l’indebitamento può giocare nel breve termine, vi è consenso nel ritenere che nel lungo periodo la crescita del debito danneggia l’economia, mina la fiducia di famiglie e imprese e riduce gli investimenti, stante il permanente rischio di instabilità finanziaria”.
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La giornata di martedì si è chiusa l'audizione del presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio, Giuseppe Pisauro. Ed è stata forse la bocciatura più dura per il governo. Almeno formalmente, visto che l'ufficio non ha validato il Def. Per Pisauro, infatti, “i significativi e diffusi disallineamenti relativi alle principali variabili del quadro programmatico – rispetto alle stime elaborate dal panel dei previsori – rendono eccessivamente ottimistica la previsione di crescita sia del PIL reale (1,5 per cento) sia di quello nominale (3,1 per cento nel 2019), variabile quest’ultima cruciale per la dinamica degli aggregati di finanza pubblica. I disallineamenti che inducono un giudizio negativo riguardano, in ultima analisi, la dimensione – ma non il segno – dell’impatto della manovra sul quadro macroeconomico”.
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La bocciatura dell'Upb ha costretto il ministro Tria a ripresentarsi, mercoledì 10 ottobre, davanti alle Commissioni. Ma se qualcuno si aspettava un cambiamento di rotta è rimasto deluso. Tria ha infatti confermato le stime contenute nel Def.
E in giornata è arrivato l'avvertimento dell'agenzia di rating Fitch: “vediamo notevoli rischi per gli obiettivi della Manovra, in particolare dopo il 2019. I dettagli della politica di bilancio e la sua messa in pratica rimangono un elemento chiave della nostra valutazione sul rating sovrano”.