Tria spiega perché lo spread (e le banche) sono un problema per il governo
Il ministro: “Non potremo tenere a lungo un livello superiore ai 300 punti base”. E ammette: “Il problema è l'incertezza politica. Di fronte a una situazione in cui si deve intervenire, qualcosa può cambiare”
Il vicepremier Luigi Di Maio se n'era accorto, quasi improvvisamente, lunedì scorso. Lo spread fa male alle banche. Per questo, aveva spiegato, il governo tiene “sotto controllo gli istituti di credito”. Parole confermate oggi dal ministro dell'Economia, Giovanni Tria, che ospite di Porta a Porta ha spiegato: “Ci saranno gli stress test nel prossimo mese: le banche dovranno registrare il livello di capitale, lì si vedrà la situazione e lì vedremo come intervenire”.
Insomma, nonostante le dichiarazioni e le minacce rivolta all'Unione, la situazione è tutt'altro che tranquilla. E il governo sembra pronto a invertire la rotta. Al punto che, subito dopo, Tria aggiunge: “Lo spread sopra i 300 punti non è una febbre a 40 ma neanche a 37. È un livello che non possiamo tenere così troppo a lungo. Lo spread alto pone un problema alla parte più debole del sistema bancario”.
Certo, per il ministro, il punto non è comunque il deficit: “Non credo che il 2,4 per cento cambi la situazione. Il problema è l'incertezza politica, cioè dove vuole andare a finire l'attuale governo. Non è che si esclude, di fronte a una situazione in cui si deve intervenire, che qualcosa può cambiare”.
Sul Foglio 48 Ore, abbiamo spiegato in che modo lo spread e il caos politico stanno pesando sul sistema bancario. “Se l’attenzione che il governo Lega-M5s dimostra per il settore del bancario-assicurativo è quella di aumentare i prelievi per 4 miliardi di euro, come ipotizzato nella manovra finanziaria 2019, censurata dalla Commissione europea, sarebbe preferibile che Di Maio evitasse di preoccuparsi dei destini di credito”, ha scritto Alberto Brambilla. “Sarebbe invece più appropriato per il governo colmare il deficit di attenzione verso le banche per il semplice motivo che con l’aumento del rischio paese, indicato dallo spread tra titoli decennali italiani e tedeschi a quota 330 punti, gli istituti, in particolare quelli di medie dimensioni, rischiano di andare in sofferenza e di scaricare sulla clientela i maggiori oneri per finanziarsi (a tassi più alti) generando così una stretta creditizia”.
Senza contare che, come ha ricordato ancora Tria, “la Bce non può aiutare un singolo paese a meno che non si cambino le regole”. Se non lo avete ancora fatto, forse, è arrivato il momento di allacciare le cinture di sicurezza.