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Un barlume di ostilità al governo gialloverde s'intravede nella Cgil

Giuliano Cazzola

Diversamente dal centrosinistra, la confederazione può contare su importanti risorse materiali e umane

La candidatura di Maurizio Landini al posto di Susanna Camusso al vertice della Cgil sta suscitando, nel gruppo dirigente della Confederazione, un vivace dibattito (si vedano gli interventi pubblicati dal Diario del Lavoro, il quotidiano online di Massimo Mascini, e i commenti di Nunzia Penelope) da cui emergono puntuali critiche nei confronti sia delle politiche svolte nel passato (anche se tutte le responsabilità vengono attribuite, un po’ ingenerosamente, alla Fiom a guida “sandinista’’), sia delle ambiguità che contraddistinguono la linea di condotta della “Grande Madre’’ nei riguardi della maggioranza e del governo gialloverde. In sostanza, basterebbe un ulteriore sforzo di onestà intellettuale per riconoscere un rapporto di causa/effetto tra i due aspetti del problema, nel senso di ammettere che le politiche del passato recente hanno contribuito a dare fiato all’attuale quadro politico (non è un caso che un terzo degli iscritti alla Cgil abbiano votato per il M5s e il 10 per cento per la Lega) e all’imbarazzo, ora palese, nei suoi confronti.

 

 

Prima ancora che Susanna Camusso – sostenuta dalla maggioranza della segreteria confederale – facesse la proposta di Landini, Vincenzo Colla – che sarà il competitore dell’ex segretario della Fiom – aveva deplorato, su Facebook, l’invito e l’accoglienza riservata a Paolo Savona in occasione delle Giornate del lavoro della Cgil. Ne era seguito un confronto nel quale altri dirigenti avevano condiviso le considerazioni di Colla. Ma a dare fuoco alle polveri è stato un articolo di Gaetano Sateriale sul Diario del lavoro (“Per l’unità della Cgil”) dove lo stretto collaboratore di Camusso – contrario alla candidatura di Landini – ha denunciato che la confederazione naviga “in un mare sconosciuto senza aver concepito una bussola di riferimento generale per tutti. Ancora troppo debole l’argine solidale al razzismo sovranista, ancora flebile la denuncia dell’inganno che si cela dietro il reddito di cittadinanza rispetto a una seria politica dello sviluppo e dell’occupazione dei giovani e delle donne. Per non dire delle ambigue strizzate d’occhio a questo o quel ministro’’.

 

Di analogo tenore l’intervento del leader della Fillea (costruzioni) Alessandro Genovesi: “Di fronte a una visione di società espressa dal governo dei nuovi sofisti (teorici per cui solo le apprensioni dei sensi e l’impressione soggettiva determinano il vero in quanto utile) quanto possiamo cavarcela con la logica del ‘giudicheremo provvedimento per provvedimento’, negando a noi stessi la natura reazionaria (che può anche avere consenso popolare) di questa cultura politica fatta alimentando rabbia, paure, sistematicamente impegnata a scavalcare corpi intermedi e a semplificare i processi democratici e i contrappesi istituzionali… tutta vocata a parlare alla pancia del paese e non alla sua testa, alle sue energie migliori?’’. E ha proseguito ancora Genovesi: “E la crisi e le difficoltà della rappresentanza politica democratica e progressista, che tanto ci riguarda con buona pace di chi teorizza una sorta di indipendenza dal quadro politico, non può – comunque la si metta – essere l’alibi per non esercitare la nostra funzione pedagogica e di azione che è, sì, autonoma nel programma e negli interessi, ma non neutrale per quanto riguarda valori, codici, alleanze’’. Ecco, allora, che sta prendendo forma, nella Cgil, una posizione ostile a questo governo non solo per quello che fa (in verità non solo la Cgil, ma anche la Cisl e soprattutto la Uil sembrano frastornati e impotenti – lo si è visto con il decreto dignità e con le proposte demagogiche sulle pensioni – verso l’azione dell’esecutivo), ma per quello che è, per i disvalori che esprime. Il che è molto importante, perché, diversamente dal Pd e delle frattaglie della sinistra a cui restano solo gli occhi per piangere, la confederazione può contare su importanti risorse materiali e umane e su di un’agibilità politica sostenuta da un ricco ventaglio di diritti sindacali. Certo, la Cgil non è più quella che si è svenata nella lotta a Berlusconi, soffre di una contaminazione populista al proprio interno (anzi ha fornito lei stessa il piombo per le pallottole dei pentastellati).

 

In una lettera aperta che il dirigente del Slc (comunicazione) Fabrizio Tola ha indirizzato a Susanna Camusso (ricordando il processo da lei subìto, quando era alla Fiom, a opera di Claudio Sabattini e dei “sandinisti’’) le parole sembrano pietre: “Ciò che ritengo grave nella tua proposta, non sta nel nome (Maurizio Landini, ndr) che hai fatto. Sta nel messaggio che vuoi lanciare: ‘Non c’è bisogno di un sindacalista in grado di costruire alleanze nel paese, nella società, per rilanciare il valore del lavoro, che non sia divisivo e inutilmente conflittuale. No, oggi nell’epoca di Di Maio e Salvini, abbiamo bisogno di un segretario che rimane simpatico nei talk-show’ (non ha importanza se ha passato una vita a distinguersi, chiuso nel proprio fortino, se ha perso quasi tutte le battaglie, penalizzando i lavoratori; importante è che negli ultimi tempi abbia cambiato un po’ il tono)’’. In precedenza, Tola ha ricapitolato con puntigliosità tutte le sconfitte subite dalla Fiom a trazione “sandinista’’, compreso, a suo avviso, l’ultimo rinnovo contrattuale. Il fatto è che, nella maggior parte dei casi, la Cgil, come le stelle, è rimasta a guardare.