Il fantastico reddito di cittadinanza spiegato da Luigi Di Maio
Per ogni nuovo contratto i datori di lavoro o le agenzie riceveranno 2.340 euro. Nessuno dovrà trasferirsi lontano da casa e se il lavoro non arriva c'è sempre un piano B
Non vediamo l'ora di leggere il nuovo libro di Bruno Vespa. Già dalle anticipazioni, "Rivoluzione. Uomini e retroscena della Terza Repubblica" si ritaglia un posto tra i regali necessari da fare il prossimo Natale. Imperdibili i racconti delle rivoluzioni che ci aspettano con questo governo del cambiamento.
Nel fantastico mondo di Luigi Di Maio, si legge tra le pagine scritte da Vespa, ci sarà un lavoro per ciascun disoccupato a pochi passi da casa e per ogni nuovo contratto lo stato pagherà un bonus di 2.340 euro. Visto che però la misura così pensata è un po' troppo onerosa, Di Maio dice che le domande attese per il reddito di cittadinanza (12 milioni, pare) dovranno "essere scremate", come il latte: e per forza, impossibile pensare di sistemare 12 milioni di persone! Ma non per l'efficienza del sistema, che quello sarà affidato a un prestigioso software che ha risolto il problema dell'occupazione niente meno che in Mississipi e per di più è pure made in Italy, nel senso che l'ha sviluppato un pregevole cervello in fuga, il pugliese Mimmo Parisi. Qui il problema è matematico e riguarda i costi fuori misura: 12 milioni di contratti costerebbero allo stato 28 miliardi se per ognuno di questi fosse erogato il bonus, senza contare la rata mensile del reddito di cittadinanza da 780 euro che queste 12 milioni di persone dovrebbero ricevere in attesa della giusta offerta di lavoro (tempo massimo consentito per trovare un impiego: 2 anni). Se il lavoro è offerto da un centro per l'impiego pubblico, allora il bonus andrà direttamente all'impresa che assume. Se il lavoro lo trova un job center privato, l'impresa s'arrangia, e l'agenzia si prende 2.340 euro. Perché proprio 2.340 euro? Perché sono 780 euro, la rata del reddito di cittadinanza, moltiplicato 3. Perché 3? Perché è il numero perfetto, no?
Nel fantastico mondo di Luigi Di Maio nessuno dovrà emigrare mai più. Anzi, i cervelli in fuga, come il professore del Mississipi, torneranno indietro. Ma c'è di più. “L’Italia sarà divisa in distretti, con una logica legata al buon senso” (virgolettato del ministro) e ognuno troverà lavoro all'interno di questo perimetro. Non si tratterà di imporre limiti chilometrici, come si immaginava all'inizio tra le fila grilline – non si lavora distanti più di 51 chilometri da casa dicevano, non 52 e neppure 53 – ma di "buon senso". E allora pensiamo a tutte quelle rivalità che esistono tra province della stessa regione, certi che tra chi farà richiesta per il reddito di cittadinanza non mancheranno gli appassionati di calcio, e immaginiamo che per “buon senso” mai nessun livornese accetterà un lavoro a Pisa. Come si fa a mettere nello stesso distretto Frosinone e Latina, Cosenza e Catanzaro oppure Napoli e Salerno? Non scherziamo col buon senso!
Nel fantastico mondo di Luigi Di Maio, l'offerta e la domanda combaciano sempre. Saranno i corsi di formazione a risolvere l'equazione, perché tutti quelli che avranno il reddito dovranno essere formati in base al lavoro che c'è sul territorio. Allora ognuno imparerà il mestiere che la propria terra gli offre, e peccato se volevi fare il gelataio ma sei nato in un paese di carpentieri. A meno che tu non voglia fare il contadino. In quel caso, nel fantastico mondo di Luigi Di Maio, metti su famiglia, fai tre figli e vai a zappare la terra.