Il governatore di Bankitalia Ignazio Visco (foto LaPresse)

L'incertezza è assicurata

Redazione

Lega e M5s spingono imprese e famiglie a tuffarsi nell’ignoto. Chi si butta?

Vi tuffereste da una scogliera senza sapere con una buona approssimazione se l’acqua è abbastanza profonda da non farvi sfracellare? Se non avete intenzioni suicide, probabilmente no. La questione dell’incertezza, ovvero l’impossibilità di conoscere con precisione sufficiente le variabili che condizionano una decisione, è il fulcro attorno al quale ruota l’economia italiana, e un alto grado di incertezza non aiuta le imprese a investire e a crescere. Per come l’ha messa il governatore di Banca d’Italia, Ignazio Visco, “l’incertezza sull’orientamento delle politiche di bilancio e strutturali e sull’evoluzione dei rapporti con le istituzioni europee” del governo Lega-M5s è la causa prima “dell’ampliamento del premio per il rischio sui titoli di stato italiani”, ovvero dell’aumento dei rendimenti segnalato da uno spread costantemente alto con gli omologhi titoli tedeschi che fanno da riferimento del mercato. Il problema – ha finalmente avvertito anche Visco – è che l’aumento dei rendimenti “deprime il valore dei risparmi accumulati dalle famiglie e può determinare un peggioramento delle prospettive di crescita economica”.

  

 

L’impossibilità di conoscere non tanto le “azioni” quanto le “intenzioni” di un esecutivo che basa il suo operato sulla propaganda mediatica genera estrema insicurezza negli imprenditori che saranno logicamente prudenti a investire, per esempio, in nuovi macchinari. Nella definizione usata dall’economista Riccardo Gallo il fenomeno dell’incertezza è descritto come “il grado di dispersione nei giudizi e nelle aspettative dei vari operatori (consumatori, imprese, policy-maker) sullo stato corrente e su quello atteso dell’attività economica” (L’Industria fa la 4° rivoluzione, Guida editori). Ebbene l’incertezza è misurabile, l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) nella sua nota congiunturale mensile la calcola con un indicatore articolato legato all’utilizzo delle informazioni di carattere qualitativo raccolte attraverso le indagini presso i consumatori e le imprese operanti all’interno di distinti comparti produttivi (manifatturiero, costruzioni, servizi, commercio al dettaglio). Nella nota di ottobre l’Upb dice che l’indicatore di incertezza è rimasto a livelli storicamente bassi ma ha ricominciato a salire per due mesi consecutivi in estate, ovvero dopo le elezioni. Aveva cominciato a scendere dal 2014 in poi, durante i governi Renzi e Gentiloni, e si era stabilizzato in basso. “L’economia italiana perde colpi e cresce l’incertezza”, dice l’Upb, aggiungendo che “i segnali di rallentamento si sono consolidati, soprattutto nell’industria che dovrebbe essere rimasta pressoché stazionaria nel trimestre estivo”. “L’indice che misura l’estensione della ripresa tra i vari settori manifatturieri, sta continuando a scendere e si colloca ora al di sotto della soglia del 50 per cento”. E “l’incertezza comincia a pesare sulla fiducia di famiglie e imprese”. Allora, chi se la sente di tuffarsi in acque basse?

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