Non c'è lavoro per Di Maio
A chi daranno il reddito di cittadinanza se i posti vacanti sono finiti?
Sono mesi che i dati micro e macroeconomici relativi al nostro paese – al netto delle accuse di mistificazione della realtà lanciate ai giornalisti dal governo gialloverde – mostrano in maniera difficilmente contestabile un progressivo rallentamento dell’economia. Tanto che, mentre all’orizzonte avanza il timore di una nuova recessione, paventata dal Fondo monetario internazionale, non è più un tabù parlare di una gelata dell’economia. Dopotutto il pil nel terzo trimestre ha fatto registrare una crescita pari a zero, la produzione industriale è in calo e mercoledì l’Istat ha diffuso le stime sui posti vacanti nei settori dell’industria e dei servizi: meno 0,1 per cento da luglio a settembre. I posti vacanti sono quelli che “misurano le ricerche di personale già iniziate e non ancora concluse” e, come ha sottolineato Francesco Seghezzi della Fondazione Adapt, è da oltre un anno che il dato è stagnante. Stando a quanto scritto nella Nota di aggiornamento del Def, si tratta di una parte di quei lavori a cui gli italiani potranno avvicinarsi grazie “allo strumento del reddito di cittadinanza”.
Dopotutto Luigi Di Maio lo ha spesso ripetuto: non si tratta di assistenzialismo e il governo non ha alcuna intenzione di dare soldi “per stare sul divano”. Certo, però, se i posti non ci sono, viene difficile pensare a come il reddito di cittadinanza potrà intercettarli. Forse il governo gialloverde e il M5s, prima di pensare alle mance da dare ai disoccupati (che a settembre sono tornati a crescere), avrebbero dovuto pensare a come incentivare la crescita. Cioè l’unico modo per creare occupazione stabile. Ma un governo che si occupa di pensioni e redditi di cittadinanza potrà mai avere come priorità la creazione di lavoro? La risposta la conoscete già.